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Il buco dell’ozono sta guarendo grazie agli accordi internazionali?

Il buco dell'ozono sta guarendo grazie agli accordi internazionali?

Il buco dell'ozono sta guarendo grazie agli accordi internazionali?

 

(Rinnovabili.it) – Il buco dell’ozono al di sopra dell’Antartide ha iniziato a diminuire, a qualche decennio di distanza dai primi accordi internazionali che avevano detto basta agli inquinanti più nocivi. Lo rivela uno studio del Mit appena pubblicato sulla rivista Science. I ricercatori hanno individuato i primi segnali di guarigione: dal 2000 a oggi il buco si è ridotto di un’area estesa quanto l’India, circa 4 mln di kmq.

“E’ una grossa sorpresa – commenta l’autrice dello studio Susan Solomon, chimica dell’atmosfera presso il Mit – Non pensavo che sarebbe avvenuto così in fretta”. È davvero giustificato questo ottimismo? Meglio non correre a conclusioni affrettate, ma sembra che gli accordi globali che mettono un freno agli inquinanti, alla fine, diano risultati positivi tangibili. Lo studio del Mit sottolinea il legame tra la diminuzione del buco dell’ozono e il progressivo declino del cloro in atmosfera che viene originato dai clorofluorocarburi (CFC) usati da frigoriferi, spray, aerosol, in seguito alla ratifica del Protocollo di Montreal nel 1987 che li ha messi al bando.

 

La fascia di ozono che avvolge il nostro pianeta attraversa un ciclo piuttosto regolare durante le diverse fasi dell’anno. L’assottigliamento inizia verso la fine di agosto, alla fine dell’inverno dell’Antartide e di solito raggiunge il suo picco ad ottobre. La generale tendenza al miglioramento è diventata chiara e incontrovertibile quando gli scienziati hanno analizzato i dati forniti da satelliti, strumentazione posta a terra e palloni aerostatici relativi al mese di settembre.

Perché settembre? Perché così si riescono a separare gli effetti causati dall’uomo, da quelli che invece dipendono da altre cause naturali, come ad esempio le eruzioni vulcaniche. Nel mese di ottobre, questo secondo tipo di effetti è sempre presente e può confondere le idee ai ricercatori che tentano di individuare dei trend. Invece anticipando l’osservazione di 30 giorni si può quantificare con più precisione i soli effetti antropici sul buco dell’ozono.

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