La Commissione Ue aveva messo in piedi un panel di esperti per valutare gli impatti del fracking. Ma erano quasi tutti finanziati dall'industria
(Rinnovabili.it) – Oltre il 70% degli esperti incaricati di valutare gli impatti del fracking in Europa era in conflitto di interessi. Per questo la Commissione europea è stata costretta a smantellare il gruppo consultivo sullo sviluppo degli idrocarburi non convenzionali, dopo una denuncia di Corporate Europe Observatory (CEO) e Friends of the Earth Europe (FOEE). Le due ONG avevano chiesto l’intervento dell’Ombudsman, organismo di mediazione con il compito di garantire il corretto funzionamento delle istituzioni comunitarie.
Poco prima del suo pronunciamento, però, la Commissione si è affrettata a escludere tutti gli stakeholder dal tavolo, denominato “European Science and Technology Network on Unconventional Hydrocarbon Extraction”.
Antoine Simon, attivista di FOEE che ha firmato la denuncia, ha dichiarato: «Non è un caso che la Commissione europea abbia deciso di smembrare questo gruppo di esperti poco prima che il Mediatore europeo si pronunciasse sulla nostra denuncia. Il gruppo di esperti sul fracking era uno strumento di lobby per l’industria, e la sua scomparsa è una vittoria per l’ambiente e l’interesse pubblico. Ora serve trasparenza, dal momento che la Commissione ha assunto direttamente l’incarico di valutare i pericoli del fracking. Lo sviluppo dello shale gas è profondamente incompatibile con la lotta ai cambiamenti climatici ed è in completa contraddizione con quel poco che abbiamo ottenuto dai negoziati sul clima di Parigi».
La mossa di Bruxelles getta un’ennesima ombra sull’operato delle istituzioni europee, inquinate dai gruppi di pressione delle industrie fossili fino ai più alti livelli. Il gruppo di esperti sembrava costruito su misura per approvare la tecnica del fracking nell’Unione europea senza troppe contromisure o restrizioni ambientali: su 74 membri, 14 lavorano per la Commissione, mentre, dei 60 rimanenti, meno del 10% apparteneva alla società civile e più del 70% rappresentava o aveva legami finanziari con l’industria del fracking. Due terzi degli accademici e delle organizzazioni di ricerca coinvolte mostravano le stesse connessioni, mentre tutti e 5 i presidenti dei gruppi di lavoro erano sostenitori della fratturazione idraulica e contrari a regolamentazioni stringenti.