(Rinnovabili.it) – La Commissione d’inchiesta dell’Europarlamento sullo scandalo dieselgate l’aveva affermato a chiare lettere nelle sue conclusioni: serve un’agenzia unica europea per le certificazioni dei veicoli. Ad oggi, invece, ogni paese ha la sua e svolge i controlli sui marchi nazionali. Il 5 aprile l’assemblea sarà chiamata a votare su questo report finale, che contiene accuse durissime tanto alla Commissione quanto agli Stati membri per aver ignorato o fallito nel monitorare le irregolarità delle case automobilistiche sulle emissioni di NOx, i cosiddetti test truccati. Ma sarà un passaggio più che altro formale, che non può incidere in alcun modo sullo scandalo emissioni e i suoi strascichi anche recenti.
E non può neppure obbligare le istituzioni comunitarie a correre ai ripari. Per evitare che a Bruxelles trionfi ancora una volta l’approccio gattopardesco, con misure minime di facciata ma prive di qualsiasi sostanza, un gruppo di eurodeputati verdi e socialisti ha in cantiere una risoluzione, di carattere vincolante, in cui si chiede esplicitamente l’approvazione di regole più stringenti sulle certificazioni dei veicoli. “Uno degli emendamenti avanzati dai Verdi e dall’S&D prevede di tradurre in legge la proposta di un’agenzia unica indipendente”, spiega il deputato verde Bas Eickhout.
La proposta ha già scatenato la levata di scudi da parte dei popolari del PPE, ma i promotori dell’iniziativa sperano di riuscire a farla approvare grazie ai voti dei liberali e a qualche altro deputato in disaccordo con il proprio gruppo. Ad ogni modo, il fronte dei contrari è già piuttosto ampio: l’agenzia indipendente è stata avversata dalla commissaria UE al mercato interno Elżbieta Bieńkowska e dal Comitato sul mercato interno e la protezione dei consumatori (IMCO), che si è espresso con un voto il 9 febbraio.
Tra i paesi che più frenano sulla riforma delle certificazioni figurano Italia e Germania. Berlino e Roma sono contrarie alla creazione di un organismo di controllo indipendente che impedisca un nuovo dieselgate. L’Italia non è neppure d’accordo con l’introduzione di una forma più soft di controllo delle diverse autorità nazionali – attualmente responsabili per l’omologazione – da effettuare tramite un processo di peer-review dei risultati dei test.