Dopo mesi dal crollo di Brumadinho, un’indagine del Congresso si scaglia contro Vale SA
(Rinnovabili.it) – Secondo i risultati del rapporto del Congresso brasiliano sul disastro di Brumadinho, l’amministratore delegato della Vale SA, la più grande compagnia mineraria al mondo e proprietaria del sito di estrazione che sversava i materiali di risulta nel bacino artificiale, avrebbe ricevuto una e-mail anonima settimane prima del crollo della diga di Corrego do Feijao in cui veniva avvertito dell’imminente disastro.
A gennaio di quest’anno, la diga di Corrego do Feijao, costruita per raccogliere le acque di scarto dell’attività mineraria, era crollata riversando milioni di m3 di acque tossiche sulla città di Brumadinho, nello stato del Minas Gerais (sud est del Brasile), e causando più di 250 morti accertate. A quanto pare, secondo le 625 pagine del rapporto, invece di cercare di indagare rispetto al contenuto della e-mail, (indirizzata anche ad altri dirigenti), l’allora amministratore delegato di Vale, Fabio Schvartsman, avrebbe piuttosto ordinato ad alcuni dipendenti di provare a identificarne l’autore.
Il rapporto del comitato investigativo congressuale, scritto dal deputato Rogerio Correia e pubblicato dopo cinque mesi di audizioni, cita l’episodio come prova del fatto che le alte sfere di Vale, incluso Schvartsman, erano a conoscenza dello stato della diga, delle possibili conseguenze su Brumadinho e dei problemi di sicurezza dell’impianto per lo stoccaggio dei rifiuti di miniera.
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Schvartsman era già stato rimosso dal suo incarico all’inizio di marzo su sollecitazione dei pubblici ministeri, che avevano sottolineato come la sua presenza nella Vale SA, così come quella di altri dirigenti, rappresentasse “rischi incommensurabili per la società”.
Un portavoce di Vale ha detto a Reuters che l’e-mail menzionata nel rapporto del Congresso era stata analizzata da un avvocato della società che aveva stabilito che la menzione di “diga al limite” nella zona di Brumadinho fosse generica e supportata da nessuna prova. Il termine, spiega l’avvocato, “è stato inteso come un riferimento al limite della capacità normativa delle dighe, che era già stato affrontato dalla società, ad esempio espandendo le operazioni di “lavorazione a secco”.
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Già lo scorso luglio la Vale SA era stata condannata a pagare i danni causati dal crollo. In quell’occasione, il giudice federale Elton Pupo Nogueira aveva dichiarato che il valore dell’importo non sarebbe stato “limitato a compensare i decessi, ma anche gli effetti sull’ambiente locale e regionale, oltre a quelli sulle attività economiche della zona”. Inoltre, il tribunale carioca aveva predisposto il congelamento di 11 miliardi di reais (pari a circa 2,8 miliardi di euro) appartenenti al patrimonio di Vale SA a garanzia di eventuali compensazioni economiche.