Con l'omicidio di Luiz Alberto Araújo, assessore all'ambiente di Altamira, si registra un salto di qualità: nel mirino finisce chiunque lotti a difesa dell'Amazzonia, non solo gli attivisti ambientali
(Rinnovabili.it) – Sono più di 150 gli attivisti ambientali uccisi in Brasile dal 2012, uno dei paesi più pericolosi per chi porta avanti battaglie per l’ambiente. Ma l’omicidio di Luiz Alberto Araújo, avvenuto il 13 ottobre ad Altamira, nello stato orientale di Parà, ha segnato un preoccupante salto di qualità. Araújo infatti non è un attivista, bensì l’assessore all’Ambiente di Altamira, città immersa nell’Amazzonia dove la deforestazione selvaggia e i danni causati dalle mega dighe sono problemi all’ordine del giorno.
Problemi che finora avevano contrapposto attivisti da un lato, multinazionali e compagnie statali dall’altro. Adesso è finito in mezzo a questa mortale lotta senza quartiere anche un pubblico ufficiale. Secondo l’Ong Global Witness, che monitora i conflitti ambientali, si tratta di un messaggio tanto chiaro quanto inquietante: “Significa che nessuno è intoccabile”.
Araújo è stato vittima di un’esecuzione in piena regola. Non faceva altro che il suo lavoro: vigilare sul rispetto delle norme ambientali e denunciare le violazioni alle autorità. In questo era molto attivo, per qualcuno forse troppo ligio al dovere. “Ci passava continuamente informazioni”, ricorda Ubiratan Cazetta, un procuratore federale del Parà. In particolare riguardo a deforestazione illegale e agli effetti nefasti delle mega dighe.
Di recente aveva denunciato operazioni di disboscamento illecite commesse dai gestori della miniera di oro di Esperança IV, che da contratto non avrebbero dovuto toccare nemmeno un albero. Invece, oltre a smantellare un pezzo di Amazzonia, sversavano anche mercurio e altri metalli tossici direttamente nel fiume Curuà, i cui pesci sono la principale fonte di sostentamento per la tribù indigena dei Kayapò. In tutto era arrivata una multa da 16 milioni di dollari.
Altra denuncia importante di Araújo aveva riguardato la mega diga di Belo Monte, la quarta più grande al mondo. Durante il processo di riempimento del nuovo bacino artificiale, l’assessore aveva scoperto enormi quantità di pesci morti. Le indagini, partite dalla sua denuncia, avevano accertato che i lavori hanno causato la morte di 16 tonnellate di pesci, e l’operatore di Belo Monte, Norte Energia, è stato costretto a pagare 11 milioni di dollari di multa.
“Finché le indagini non saranno svolte e la protezione garantita, questa spirale mortale di violenza continuerà indisturbata”, commenta Billy Kyte di Global Witness.