Le prime mosse di Bolsonaro colpiscono diritti civili e ambiente
(Rinnovabili.it) – Jair Bolsonaro ha tutta l’intenzione di mantenere le sue promesse elettorali. Tra le prime mosse dopo l’entrata in carica il 1° gennaio 2019 come nuovo presidente del Brasile, c’è anche un ampio pacchetto di interventi destinato a ribaltare le norme ambientali del Paese. Tra questi il più delicato appare sicuramente l’ordine esecutivo con cui l’ex capitano dell’esercito ha trasferito il potere di regolamentare le riserve protette dalle mani delle tribù indigene e dei quilombo a quelle del Ministero dell’agricoltura. Il provvedimento in questione depotenzia il cosiddetto Fundação Nacional do Índio – FUNAI, organismo del governo brasiliano fino a ieri collegato al Ministero della Giustizia, con il compito istituzionale di proteggere e promuovere i diritti delle popolazioni indigene nel paese e il loro sviluppo sostenibile.
Primo strumento concreto – dopo i 21 anni di dittatura militare nel Paese – a favore dei gruppi storicamente emarginati, la Fondazione rischiava di essere letteralmente cancellata stando alle prime dichiarazioni della campagna elettorale. Oggi ne esce “solo” fortemente indebolita, con conseguenze anche a livello ambientale. Nelle politiche promosse dalla FUNAI vi è, infatti, anche la conservazione e il recupero dell’ambiente nelle terre indigene, oltre al controllo e la mitigazione dei possibili impatti derivanti dall’interferenza esterna.
La mossa ha scatenato la veloce protesta dei leader indigeni secondo cui l’atto minaccia direttamente le loro riserve che costituiscono circa il 13% del territorio brasiliano, offrendo una concessione simbolica agli interessi agricoli in un momento in cui la deforestazione è di nuovo in aumento (leggi anche Amazzonia: 2018 anno record per la deforestazione).
Per la nuova amministrazione Bolsonaro, che deve alla lobby agricola e mineraria parte del suo successo, vi sono pochi tentennamenti. “Oltre il 15 per cento del nostro territorio nazionale è delimitato per gruppi indigeni e i quilombos. Meno di 1 milione di persone vive in questi territori isolati, che sono, infatti, sfruttati e manipolati dalle ONG. Noi assimileremo questi cittadini e daremo valore a tutti i brasiliani”, ha scritto in un tweet il presidente brasiliano.
Mais de 15% do território nacional é demarcado como terra indígena e quilombolas. Menos de um milhão de pessoas vivem nestes lugares isolados do Brasil de verdade, exploradas e manipuladas por ONGs. Vamos juntos integrar estes cidadãos e valorizar a todos os brasileiros.
— Jair M. Bolsonaro (@jairbolsonaro) 2 gennaio 2019
In realtà il decreto è solo l’ultimo atto di un lento logorio dei diritti indigeni. Negli ultimi otto anni il governo ha gradualmente ritirato le protezioni per queste comunità, tagliando i fondi per i programmi e dando priorità agli interessi delle industrie che vogliono un maggiore accesso all’Amazzonia.