(Rinnovabili.it) – Domenica 11 giugno si apriranno i lavori istituzionali del G7 Ambiente, che riunisce i ministri competenti dei paesi coinvolti qualche giorno fa nel fallimentare vertice di Taormina. Un ulteriore carico da novanta sulla strada in salita è la recente uscita degli Stati Uniti dall’accordo sul clima, un fatto destabilizzante che rischia di compromettere gli output di questo G7. Non che di solito produca più di qualche dichiarazione di intenti, ma con la frattura di Trump ora si rischia di non riuscire nemmeno a concludere i meeting internazionali con un comunicato congiunto.
Alcuni dei protagonisti ostentano ottimismo e speranze. L’italiano Gian Luca Galletti ha scelto la solennità: «Vorrei che a Bologna si affermasse un principio fondamentale. Nelle politiche ambientali, o si vince insieme, o si perde tutti». Un appello al multilateralismo cui gli USA hanno appena appiccato il fuoco.
A difendere la posizione di Washington, cercando al contempo di tranquillizzare il mondo sui suoi possibili effetti, sarà Scott Pruitt, capo dell’Agenzia ambientale statunitense (EPA) e scettico sulle origini antropiche del cambiamento climatico: insomma, non proprio un maestro nell’arte della diplomazia.
A Bologna sarà invece la prima volta di Nicolas Hulot, neo Ministro francese all’ambiente, giornalista e scrittore stimato dall’opinione pubblica e anche dall’ex inquilina del dicastero, Segolene Royal, che ha dichiarato: «Lascio il Ministero in buone mani».
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Dopo le elezioni in Gran Bretagna, con la vittoria zoppa di Theresa May, quello italiano rischia di essere l’ultimo G7 per Andrea Leadsom, Ministra inglese che ha chiesto al paese di proseguire gli impegni sul clima anche dopo la Brexit.
La più interessata a creare ponti è Catherine McKenna, proveniente da un Canada che si propone come garante dei rapporti UE-Nord America dopo le frizioni con gli Stati Uniti. Inoltre, offrire l’immagine di un Canada ambientalista è strategico visto l’approssimarsi delle ratifiche nazionali di un delicato accordo di libero scambio (CETA) con l’UE, che stanno per incendiare ulteriormente la campagna elettorale in Italia e Germania.
Barbara Hendricks, Ministra tedesca dell’Ambiente, è convinta che l’accordo sul clima non sia rinegoziabile e chi ne esce non sia legittimato a chiedere nulla. Ma le elezioni pesano anche in casa sua, dove l’ala destra della CDU ha chiesto che il cambiamento climatico non venga sempre e soltanto visto in chiave negativa. A tal proposito, i falchi del partito hanno anche chiesto che venga abolita la legge sulle rinnovabili e sia rivista quella sulla mobilità elettrica.
La ciliegina su questo G7 è il Giappone, con il Ministro Koichi Yamamoto scettico sulla possibilità di raggiungere gli obiettivi di Parigi dopo l’uscita dall’accordo degli Stati Uniti. La domanda è: Tokyo sta meditando di rallentare il ritmo della transizione ecologica demotivata dalle bizzarrie di Trump?