(Rinnovabili.it) – La Bolivia è colpita dalla peggior siccità degli ultimi 25 anni. Una situazione che si aggrava di giorno in giorno, tanto che il governo si è visto costretto a dichiarare lo stato di emergenza nazionale e l’esercito sta trasportando acqua nelle città con autobotti. Nel paese sudamericano i raccolti sono compromessi così come gli allevamenti di bestiame, attività da cui dipendono quasi 180mila famiglie. Se da un lato questo fenomeno ha origine anche dal riscaldamento globale che colpisce duramente i ghiacciai dell’intera catena andina, dall’altro lato diversi gruppi ambientalisti puntano il dito contro il proliferare di grandi piantagioni e le attività estrattive delle miniere.
Diversi fattori si incrociano e concorrono a delineare la situazione attuale. I cambiamenti climatici mettono a rischio quelle enormi riserve di acqua su cui tutta la regione ha sempre contato. Secondo dati del Stockholm Environment Institute, i due più grandi ghiacciai del paese, da cui attingono acqua le principali città boliviane, si sono ridotti di oltre il 40% tra il 1983 e il 2006. La crescita galoppante della popolazione urbanizzata fa la sua parte: negli ultimi 10 anni gli abitanti della capitale La Paz sono raddoppiati.
Ma ciò che più preoccupa sono i conflitti dell’acqua sempre più accesi. “Le miniere sotterranee usano una grande quantità di acqua e questo ha un impatto sulle risorse idriche”, conferma Oscar Bazoberry dell’Institute of Rural Development in South America. L’acqua impiegata per l’estrazione viene poi spesso rilasciata senza aver subito un adeguato processo di decontaminazione, che la renda di nuovo potabile.
Allo stesso modo gli attivisti ambientali accusano i progetti agricoli su larga scala, diffusi nel paese dalla fine degli anni ’90, in particolare quelli di piantagioni di soia e canna da zucchero che impiegano abbondanti quantità di acqua e contribuiscono alla deforestazione. “Le grandi aziende agricole usano l’acqua come se fosse una loro risorsa privata”, afferma Gonzalo Colque, a capo della Ong Tierra Foundation.
Di fronte a una simile situazione, le autorità non stanno prendendo misure adeguate. All’inizio del 2016 si è prosciugato definitivamente il lago Poopò, il secondo più grande bacino del paese. Nonostante le promesse di un maggiore impegno contro i cambiamenti climatici, il presidente Evo Morales viene accusato dagli ambientalisti di non aver ancora fatto nulla di concreto e di non avere un piano di lungo termine né l’intenzione di migliorare la gestione dell’acqua pubblica.