I sistemi agroforestali possono essere introdotti sia in terreni aperti che nel sottobosco delle foreste tropicali, ma solo nel primo caso sono d’aiuto ai servizi ecosistemici
(Rinnovabili.it) – I sistemi agroforestali, ossia l’associazione sullo stesso terreno di alberi legnosi, coltivazioni agricole e allevamenti, sono indicati spesso come un modo efficace per realizzare più Obiettivi di Sviluppo Sostenibile assieme. Nel contesto della “Decade on Ecosystem Restoration” (2021 – 2030) le Nazioni Unite hanno assegnato a questi complessi un ruolo chiave: possono aiutare ad invertire il trend di degrado del suolo, contribuendo anche alla mitigazione dei cambiamenti climatici. A volte però possono comportare anche impatti negativi, soprattutto se realizzati direttamente all’interno di foreste.
In che modo allora è possibile garantirne la sostenibilità? Secondo un nuovo studio dell’Università di Gottinga, in Germania, il punto cruciale nei sistemi agroforestali è la storia dell’uso del suolo. La rimozione del sottobosco tropicale per far posto a colture agroforestali di caffè, cacao e vaniglia è in grado di danneggiare pesantemente l’ecosistema, perdendo nel processo diverse specie animali e vegetali; al contrario esistono ottime opportunità legate all’introduzione delle stesse in terreni precedentemente bonificati per l’agricoltura.
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Nel secondo caso, infatti, la ricerca mette in luce come la coltivazione di caffè, cacao e vaniglia assicuri il reddito di molti piccoli agricoltori e abbia al contempo un grande potenziale per un’agronomia ecologicamente sostenibile. Infatti quei “terreni aperti precedentemente boscosi”, grazie all’introduzione delle colture agroforestali perenni, possono essere riabilitati ecologicamente.
Come sottolinea Dominic Martin, autore principale dello studio, solo i sistemi agroforestali “installati su terreni aperti” sono in grado di “portare a un significativo miglioramento della biodiversità“. Da evitare invece è “la conversione delle restanti foreste tropicali biologicamente diversificate a piantagioni”. Per renderlo possibile le politiche dovrebbero “dare priorità alla protezione delle foreste rispetto all’agrosilvicoltura […]; promuovere l’agricoltura forestale […] solo come alternativa alla deforestazione; incentivare il mantenimento della copertura arborea nei sistemi agroforestali esistenti; incoraggiare questi sistemi […] su terreni aperti […], in particolare su terreni incolti e degradati e stimolare la ricerca applicata alla storia dell’uso del suolo”.
Conclude Holger Kreft, capo del Biodiversity, Macroecology and Biogeography Group dell’Università di Gottinga, “i marchi di sostenibilità dovrebbero […] evitare di rilasciare certificazioni alle piantagioni che in precedenza erano foreste. Solo in questo modo si possono ottenere i vantaggi ecologici della coltivazione nei sistemi agroforestali”.
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