Lo studio pubblicato su Nature Ecology & Evolution analizza l’insorgenza di tipping points per 35mila specie animali e di alghe
(Rinnovabili.it) – Per molte specie, sia animali che vegetali, il superamento dei loro punti di non ritorno (tipping points) in gran parte dell’areale dove vivono avverrà in periodi di tempo brevissimi, circa dieci anni. È difficile che ci sia gradualità sufficiente per dar loro tempo di adattarsi: il climate change corre infinitamente più veloce della loro capacità di evolversi e selezionare tratti vantaggiosi per la sopravvivenza nei nuovi habitat.
La mappa globale dei punti di non ritorno per 35mila specie
Lo sostiene uno studio pubblicato su Nature Ecology & Evolution che ha combinato l’analisi dell’evoluzione delle temperature in tutto il Pianeta fino al 2100 con i dati relativi a oltre 35mila specie di animali (tra cui mammiferi, rettili, anfibi, uccelli, ma anche coralli, pesci e plankton) e di alghe, provenienti da ogni continente e oceano.
Dall’incrocio, i ricercatori hanno ottenuto una mappa del superamento dei punti di non ritorno. Come sono definiti, in questo caso, i tipping points per le specie? Gli autori hanno preso in considerazione solo i casi in cui le zone geografiche in cui sono diffuse le specie (i loro areali) superano una soglia di esposizione termica critica. Cioè almeno 5 anni consecutivi in cui le temperature sforano regolarmente le temperature mensili più estreme mai vissute da quelle stesse specie, nei loro habitat, tra il 1850 e il 2014.
Cosa succede una volta superate queste soglie? Non è detto che le specie soccombano. Ma non ci sono prove che siano in grado di adattarsi ai nuovi habitat. Soprattutto visto che per la maggior parte delle specie analizzate, questo cambiamento avviene in tutte le regioni geografiche dove sono diffuse nell’arco dello stesso decennio. In altri termini, nel giro di 10 anni queste migliaia di specie si potrebbero trovare con un’areale estremamente ridotto.
L’intensità del climate change in futuro può fare una grande differenza, da questo punto di vista. A 1,5°C diventeranno a rischio il 15% delle specie analizzate in almeno il 30% del loro areale in un solo decennio. In uno scenario emissivo medio, cioè se si arriva invece a un riscaldamento globale di 2,5°C – quello verso cui stiamo andando oggi – il numero di specie a rischio raddoppia al 30%.