La Cina strappa l’ok al patto globale sulla natura nonostante le critiche del Congo
(Rinnovabili.it) – Il vertice di Montreal ha approvato il patto globale sulla natura per il 2030 dopo anni di negoziati, due settimane di discussioni a tratti molto tese, e un giallo all’ultimo minuto. La COP15 sulla biodiversità è finita alle tre del mattino con l’ultimo colpo di martelletto che ha zittito -fuori da ogni protocollo o consuetudine- il delegato del Congo. Quest’ultimo aveva appena finito di spiegare perché si opponeva all’ultima versione del Global Biodiversity Framework (GBF), ma la presidenza cinese, per mano del ministro dell’ambiente di Pechino Huang Runqiu, ha ignorato le sue parole e ha dato per approvato il documento.
“La mia dichiarazione – quella del mio Paese, attraverso la mia voce – è stata un’opposizione formale. E con grande stupore del mondo intero, ci rammarichiamo che questo spazio sia uno spazio dove si ricorre alla violenza contro i nostri testi, un testo che tutti abbiamo adottato e che la storia non ci perdonerà mai”, ha dichiarato subito dopo il delegato del Congo. Proteste anche dall’Uganda e dal rappresentante del Camerun, che in plenaria ha dichiarato “Quello che avete fatto, un minuto fa, è stato praticamente un colpo di mano”.
Nonostante la stupefacente gestione del processo da parte della Cina, il nuovo accordo quadro che fissa gli obiettivi globali di tutela della natura e della biodiversità al 2030 sembra ormai formalmente approvato. Il GBF sostituisce e aggiorna gli Obiettivi di Aichi, i target al 2020, e ha l’ambizione di essere un accordo in grado di invertire la perdita di diversità biologica in corso a livello planetario.
Rispetto ai primi giorni di negoziati in Canada, quando le attese avevano presto virato verso il peggio, le ultime ore di summit hanno migliorato il testo in molte parti. Dal patto globale per la natura è scomparsa, ad esempio, l’espressione ‘nature positive’, con cui si voleva introdurre un concetto analogo alla neutralità climatica e permettere attività che danneggiano la natura salvo poi ‘compensarle’. Sono molto rafforzate le tutele per i popoli indigeni. Restano comunque dei passaggi fin troppo vaghi -non quantificati o senza una tempistica precisa- in diversi obiettivi: è proprio ciò che ha fatto fallire il raggiungimento degli Aichi target. Vediamo i punti più importanti dell’accordo raggiunto alla COP15.
I punti chiave del patto globale sulla natura per il 2030
30 x 30 – L’obiettivo 3 prevede di proteggere almeno il 30% delle terre e delle acque del Pianeta entro il 2030. Era il target su cui la Cina puntava di più per poter cantare vittoria. Ed è anche il punto che il Congo ha criticato di più. L’ultima versione usa un linguaggio piuttosto forte per assicurare che le misure protettive siano realmente efficaci e non solo di facciata, oltre a chiarire che il tutto deve avvenire nel rispetto dei diritti dei popoli indigeni. (Il timore era che l’espansione delle aree protette avrebbe cozzato con la vita dei popoli indigeni in alcune regioni). L’obiettivo è da raggiungere a livello globale.
Sussidi ambientalmente dannosi – Nel testo finale del patto globale sulla natura resta anche il passaggio dedicato ai SAD. L’obiettivo 18 stabilisce di “identificare entro il 2025 ed eliminare, abbandonare gradualmente o riformare gli incentivi, compresi i sussidi, dannosi per la biodiversità”. Ciò deve essere fatto “in modo proporzionato, giusto, equo ed efficace”. Dei 1.800 mld di SAD annui mappati globalmente, il GBF chiede di tagliarne “almeno 500 miliardi di dollari all’anno entro il 2030”.
Finanza per la natura – Uno dei punti più caldi si è chiuso con un compromesso che accetta il principio chiesto dai paesi in via di sviluppo: i paesi ricchi devono fare di più per finanziare la protezione della natura. Ma non accoglie la richiesta principale, creare subito un nuovo fondo ad hoc. Il GBF istituisce invece un fondo all’interno del già esistente meccanismo di finanziamento per la biodiversità, con l’obiettivo di avviare negoziati futuri per un fondo separato. Nel frattempo, i paesi ricchi aumentano di 30 mld di dollari l’anno il loro contributo. LUE lo ha raddoppiato a 7 mld $.
Biopirateria – Il GBF istituisce regole per proteggere la proprietà delle informazioni biologiche usate per produrre farmaci, vaccini o alimenti. Prevede che una parte dei proventi spetti ai paesi da cui provengono le informazioni biologiche, tipicamente messe a disposizione in modo aperto su internet. La maggior parte delle informazioni arriva da paesi con una forte diversità biologica, in via di sviluppo o tra i meno sviluppati.
Popoli indigeni – Altro punto positivo del patto globale per la natura è il riconoscimento accordato ai popoli indigeni, che rappresentano solo il 5% della popolazione mondiale ma tutelano l’80% della biodiversità. I loro modelli di conservazione della natura devono essere incentivati e diffusi, e i loro diritti umani protetti.