I pre-negoziati di Nairobi, che si sono conclusi il 26 giugno, non hanno prodotto un testo condiviso. Manca un accordo su quasi tutti i nuovi target
Per il WWF, è il Brasile a frenare di più sugli obiettivi 2030 sulla diversità biologica
(Rinnovabili.it) – Due anni e mezzo di negoziati, tre rinvii della COP15 e molti appelli da parte di scienziati e società civile non sono bastati per confezionare un accordo globale sulla biodiversità degno di questo nome. All’ultimo round di pre-negoziati, che è finito ieri a Nairobi in Kenya, i passi avanti sono arrivati col contagocce. Il testo con i nuovi obiettivi 2030 sulla diversità biologica è pieno di buchi e cifre e verbi tra parentesi quadre, quindi non ancora accettati da tutti.
Nell’idea della Cina, che ha gestito i negoziati, la COP15 di Kunming doveva voltare decisamente pagina rispetto al fallimento degli obiettivi al 2020, gli Aichi targets. Due anni fa, Pechino ha lanciato il dialogo sul nuovo quadro globale per proteggere la biodiversità dicendo che sarebbe dovuto diventare l’equivalente dell’accordo di Parigi per la diversità biologica. Le cose sono andate in modo ben diverso.
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“Di fronte alla catastrofica perdita di natura e alle tragiche conseguenze che questa sta avendo sull’umanità, i paesi non riescono a mostrare la necessaria urgenza”, accusa Marco Lambertini, direttore generale di WWF International, tanto che “tutte le decisioni cruciali ancora una volta sono state rimandate”.
Per avere un’idea di quanto a rilento vada l’intero processo, basta dare un’occhiata ai temi su cui non si riesce a costruire consenso largo. Ci sono forti resistenze persino a inserire i pesticidi tra gli obiettivi 2030 sulla diversità biologica, nonostante la scienza sia chiarissima sul ruolo dell’agrochimica nella perdita di natura. Così come ci discute ancora sull’includere un passaggio sulle infrastrutture o meno.
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“È necessario un cambiamento radicale nella volontà politica se vogliamo risolvere le enormi divergenze sulle questioni chiave dei negoziati, compreso il livello generale di ambizione di tutti gli obiettivi. Allo stesso tempo, abbiamo bisogno di leader che contrastino l’influenza di un piccolo numero di Paesi, primo fra tutti il Brasile, che stanno lavorando attivamente per minare i negoziati”, conclude Lambertini.