L’uomo ha un’impronta fino a 300 volte più grande dal punto di vista tassonomico e 1300 volte più grande dal punto di vista ecologico rispetto a quello dei predatori non umani
Uno studio su Communications Biology calcola l’ampiezza della nicchia predatoria dell’uomo contemporaneo
(Rinnovabili.it) – L’uomo è un predatore da centinaia di migliaia di anni. Ma l’impatto dell’uomo moderno sulle prede e sugli ecosistemi è certamente molto diverso da quello che potevano avere i nostri antenati 30mila o 150mila anni fa. E significativamente diverso dal comportamento di qualsiasi altro predatore al mondo. Quanto diverso? Qual è l’ampiezza della nicchia predatoria instaurata dall’uomo moderno?
I dati parlano di una modalità di rapporto con le altre specie e la natura altamente insostenibile. Sfruttiamo circa 1/3 di tutte le specie di vertebrati che esistono sul Pianeta. Numeri che sono circa 300 volte più alti di quelli di qualsiasi altra specie predatrice. La nicchia predatoria instaurata dall’uomo non ha eguali.
I numeri della nicchia predatoria umana
Lo ha calcolato uno studio appena pubblicato su Communications Biology, che analizza la quota e l’impatto dell’uso e del commercio umano di specie animali, passando al vaglio circa 47mila specie di vertebrati (mammiferi, uccelli, pesci, …). Di queste, quelle che sfruttiamo sono almeno 14.663. E questo sfruttamento ne sta spingendo il 39% verso l’estinzione (si tratta di specie inserite nella Red List della IUCN, la più grande associazione conservazionista al mondo).
I ricercatori hanno determinato che mangiamo il 55% del totale delle specie che sfruttiamo in qualche modo. E più della metà di tutte le specie terrestri predate dall’uomo rientra nel commercio di animali domestici. Ci sono poi altri usi, come quelli ricreativi (gli esseri umani cacciano circa 358 specie di pesci con le pinne per sport e 452 specie di uccelli) o quelli legati all’abbigliamento (sono coinvolte 207 specie tra mammiferi e pesci) o, ancora, quelli medici (192 specie di mammiferi e 82 specie di anfibi).
“La nostra valutazione ha rivelato un’ampiezza tassonomica, spaziale ed ecologica senza precedenti della nicchia predatoria dell’umanità. Questo ruolo predatorio, unico nel suo genere, è fino a 300 volte più grande dal punto di vista tassonomico e 1300 volte più grande dal punto di vista ecologico rispetto a quello dei predatori non umani per i quali disponiamo di dati comparabili, ed è guidato da un’ampia varietà di usi, molti dei quali indipendenti dal sostentamento”, concludono gli autori dello studio.