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Le miniere sottomarine avvelenano spugne e fauna sui fondali degli oceani

Miniere sottomarine: il deep sea mining avvelena spugne e fauna oceanica
crediti: Wageningen University & Research

L’ISA, l’autorità Onu per i fondali oceanici, potrebbe presto dare il via libera alle miniere sottomarine

Il deep sea mining rischia di avvelenare la fauna marina che vive a grandi profondità. Lo sfruttamento delle miniere sottomarine potrebbe ricevere presto il via libera dall’autorità Onu che coordina le regole internazionali sui fondali oceanici, ma mancano ancora studi scientifici sufficienti per valutare il reale impatto dell’estrazione di metalli preziosi su questi ecosistemi, tra i più fragili e meno studiati.

Lo sostiene una ricerca condotta dalla Wageningen University & Research e dalla University of Bergen che ha aggirato l’ostacolo di raccogliere dati a profondità superiori ai 3000 metri realizzando un esperimento in laboratorio in condizioni che simulano l’ecosistema dell’oceano profondo. Gli autori hanno testato l’impatto del sollevamento di sedimenti che è causato dall’estrazione di minerali tramite il deep sea mining su una specie di spugna, la Geodia barretti, e una specie di ofiuroide, un organismo che ha la forma di una stella e vive sui fondali in associazione con queste spugne.

L’impatto delle miniere sottomarine, le nuove evidenze

Il risultato? La colonna di sedimenti sollevata ha fatto aumentare di 10 volte le necrosi dei tessuti delle spugne, mentre tutti gli ofiuroidi sono morti nel giro di 10 giorni. La ragione è l’avvelenamento da metalli portati in sospensione dall’attività delle miniere sottomarine. Il fondale ricreato in laboratorio simula la composizione e le caratteristiche dei cosiddetti depositi SMS, cioè depositi sabbiosi con forte prevalenza di solfuri. Sono l’obiettivo principale delle campagne di deep sea mining perché contengono grandi concentrazioni di metalli come ferro, rame, oro, zinco.

Proprio ferro e rame sarebbero i maggiori responsabili dell’impatto sulla fauna sottomarina: la loro concentrazione nelle spugne è risultata 10 volte superiore alla norma dopo il sollevamento delle sabbie. Secondo gli autori, i risultati del loro studio “sottolineano l’urgente necessità di valutazioni complete degli impatti minerari in acque profonde sugli ecosistemi marini”, perché “gli effetti avversi osservati su Geodia barretti e sulle specie associate segnalano potenziali interruzioni nei processi di accoppiamento bentonico-pelagico, che richiedono ulteriori ricerche e la definizione di linee guida per la protezione di questa fauna delle profondità marine”.

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