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Minacce alla biodiversità, il 18% delle aree più preziose è a rischio

Minacce alla biodiversità: il 18% delle aree più preziose è a rischio
Foto di Jonas su Unsplash

In tutto il mondo, un’area chiave per la biodiversità su cinque ha concessioni attive o potenziali per lo sfruttamento di idrocarburi o risorse minerarie. Fossili e minerali preziosi sono ancora delle immani minacce alla biodiversità e al raggiungimento degli obiettivi 2030. Perché la loro tendenza è in crescita. Mentre l’attività industriale di vario tipo aumenta in tutta la fascia tropicale, la “finestra di opportunità” per proteggere questi preziosi ecosistemi “si sta rapidamente chiudendo”.

“Le aree protette e conservate sono strategie essenziali per affrontare sia la crisi climatica che la perdita di biodiversità. In quanto importanti pozzi di carbonio, saranno sempre più vitali per aiutarci a far fronte agli impatti del cambiamento climatico”, spiega Madhu Rao, presidente della Commissione mondiale per le aree protette della IUCN, la principale organizzazione conservazionista a livello globale.

“È quindi di fondamentale importanza proteggere la biodiversità in queste aree dallo sfruttamento su scala industriale, tra cui l’estrazione mineraria e di combustibili fossili, riconoscendo al contempo la gestione indigena di tali aree”, aggiunge. Per tradurre l’esigenza di protezione in politiche mirate, la IUCN ha appena pubblicato un rapporto insieme a Earth Insight, Campaign for Nature, Wild Heritage, International Indigenous Forum on Biodiversity e One Earth in cui presenta una mappa globale delle minacce alla biodiversità nelle cosiddette Key Biodiversity Areas (KBA).

L’estrazione di fossili e minerali, le principali minacce alla biodiversità

Il dato principale che emerge da questa mappa? Sono ben 518 le KBA dove insistono concessioni attive o potenziali di petrolio e gas e minerarie. Il 18% del totale. In tutto, l’area con forti minacce alla biodiversità riguarda 180 milioni di ettari di foreste tra Amazzonia, Congo e sud-est asiatico.

Solo nel bacino dell’Amazzonia, il 14% delle aree chiave per la biodiversità è interessata da concessioni petrolifere e il 10% da concessioni minerarie. Soprattutto in Perù, Bolivia ed Ecuador, in termini di quantità assoluta di ettari. Critica anche la situazione per i territori indigeni: il petrolio minaccia 30 milioni di ettari che coincidono con regioni tradizionalmente abitate dai popoli indigeni, le miniere più di 9 mln ettari.

Nell’area della foresta del Congo la situazione è molto peggiore: gas e petrolio insistono sul 40% delle KBA e l’estrazione di minerali sul 16%. Mentre nel sud-est asiatico le concessioni idrocarburiche minacciano il 14% delle KBA.

“L’espansione dell’attività industriale in queste aree potrebbe spingere gli ecosistemi oltre i punti critici di svolta, portando al collasso ambientale e minacciando le culture tradizionali. Una volta perduti, questi ecosistemi e i servizi che forniscono, tra cui acqua pulita, terreni fertili e stoccaggio del carbonio, sono estremamente difficili, se non impossibili, da ripristinare”, scrivono gli autori.

Le priorità alla Cop16 di Cali

La mappatura globale è stata presentata all’avvio dei lavori della Cop16 di Cali, il vertice sulla biodiversità in corso in Colombia dove si farà il punto sull’avanzamento globale verso gli obiettivi 2030 approvati due anni fa con il Global Biodiversity Framework. Il rapporto suggerisce 6 priorità:

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