Un sondaggio del WWF getta luce sulla percezione dei mercati di fauna selvatica nel sud-est asiatico
(Rinnovabili.it) – Dopo l’appello di Elizabeth Maruma Mrema, segretaria esecutiva della Convenzione sulla Diversità biologica delle Nazioni Unite, che esortava a vietare a livello globale la pratica dei mercati di fauna selvatica per aiutare a frenare le future pandemie, una ricerca del WWF getta nuova luce sul fenomeno dei mercati non regolamentati che vendono animali selvatici, molto diffusi soprattutto nel sud-est asiatico.
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Attraverso un sondaggio, condotto a marzo con il coinvolgimento di 5.000 partecipanti provenienti da Hong Kong, Giappone, Myanmar, Tailandia e Vietnam, è emerso che circa il 93% degli intervistati ritiene necessaria l’immediata azione dei governi per eliminare i mercati di fauna selvatica, e che l’82% afferma di essere estremamente o molto preoccupato per la pandemia. Tra le persone intervistate, inoltre, il 9% dichiara di aver acquistato o di conoscere qualcuno che ha acquistato negli ultimi 12 mesi fauna selvatica nei mercati illegali, ma l’84% afferma che è improbabile o molto improbabile che acquisterà in questo genere di luoghi.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riferito che l’attuale pandemia di covid-19, insieme ad almeno il 61% di tutti i patogeni umani, ha origine zoonotica. Il commercio di animali selvatici è un fattore che aggrava la diffusione delle zoonosi, al punto che il 24 febbraio scorso il governo cinese ha annunciato un divieto assoluto di consumo di animali selvatici. A questo proposito, Christy Williams, direttore regionale del programma Asia Pacifico del WWF, ha dichiarato che “la Cina ha fatto un buon passo in avanti vietando la caccia, il commercio, il trasporto e il consumo di animali selvatici e il Vietnam sta lavorando a provvedimenti simili”. Secondo Williams, inoltre, il commercio insostenibile di animali selvatici è la seconda più grande minaccia diretta alla biodiversità a livello globale, dopo la distruzione degli habitat.
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Il sondaggio condotto da WWF mostra che il sostegno a una repressione dei mercati di fauna selvatica è stato più forte in Myanmar, dove gli animali sono stati per anni oggetto di scambio nelle regioni confinanti con la Cina, mentre 1/3 degli intervistati in Vietnam ha affermato che la crisi li ha spinti a smettere di consumare quel genere di prodotti. Secondo Grace Hwa, responsabile del programma contro il commercio illegale della fauna selvatica presso il WWF Myanmar, “la pandemia è un campanello d’allarme: il dilagante commercio incontrollato della fauna selvatica è un rischio non solo per la salute e l’economia, ma per l’intera stabilità della regione“.