Il rapporto Fao sull’insicurezza alimentare nelle terre alte
(Rinnovabili.it) – L’insicurezza alimentare colpisce in modo sproporzionato chi abita le montagne. Specialmente nei paesi in via di sviluppo. Tanto che negli ultimi 2 decenni il numero di persone a rischio dal punto di vista della food security ha fatto un balzo. Erano 243 milioni nel 2000, ma nel 2017 erano cresciuti quasi del 50% fino a 350 milioni.
Un trend negativo su cui influiscono in modo significativo i cambiamenti climatici e il progressivo degrado ambientale. Lo rivela uno studio condotto dalla Fao e pubblicato l’11 dicembre in occasione della Giornata Internazionale della Montagna.
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Secondo il rapporto, gli ecosistemi montani stanno diventando sempre più fragili. Colpa soprattutto della pressione generata dai cambiamenti nell’uso del suolo e dai cambiamenti del clima. Vi sono poi altri fattori in gioco, che contribuiscono ad aggravare la fragilità di queste regioni che custodiscono il 30% della biodiversità globale e da cui originano tra il 60 e l’80% delle risorse di acqua dolce mondiali. Il rapporto identifica lo sfruttamento eccessivo, l’inquinamento e i cambiamenti demografici. Tutti fattori che minacciano i mezzi di sussistenza e la sicurezza alimentare di chi abita le montagne.
Ma al centro del rapporto resta il tema del degrado del suolo. Per la Fao ha un grave impatto sull’agricoltura, mette in pericolo la sostenibilità della produzione agricola e dell’allevamento degli animali e la sicurezza dell’acqua. Le cause? L’impatto di pratiche agricole insostenibili sul degrado del suolo è molto elevato. Altri fattori concorrono, tra cui eventi meteorologici estremi legati al clima, in particolare episodi di siccità, che minaccia anche i mezzi di sussistenza delle persone. E poi ancora i cambiamenti nell’uso del suolo, lo sfruttamento intensivo delle risorse idriche sotterranee.
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La combinazione dei principali tra questi fattori colpisce in modo particolare le popolazioni delle terre alte. Il rapporto rivela che ben 7 persone su 10, tra quelle che devono fare i conti con insicurezza alimentare e con il rischio di disastri naturali anche legati al clima, vivono ad un’altitudine compresa tra i 500 e i 2500 metri.