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Inquinanti chimici, i grandi assenti dall’accordo globale sulla biodiversità

Inquinanti chimici: la COP15 sulla biodiversità li ignora
via depositphotos.com

Appello di 14 scienziati sulla rivista Science

(Rinnovabili.it) – Allungate la lista degli inquinanti chimici da abbattere per salvaguardare la biodiversità, o gli obiettivi del prossimo decennio partono col piede sbagliato. E li mancheremo, come abbiamo “bucato” tutti gli Aichi target sulla diversità biologica. L’appello arriva da 14 scienziati alla vigilia dei negoziati sul Post-2020 Global Biodiversity Framework, che si svolgeranno a Nairobi in Kenya dal 21 al 26 giugno.

Quello di Nairobi è l’ultimo, grande appuntamento internazionale prima della COP15 di Kunming, il summit globale sulla biodiversità che si terrà nella seconda metà di quest’anno in Cina. Ed è anche l’ultima chance per trovare un consenso più largo tra gli stati e rafforzare l’ambizione dei nuovi obiettivi sulla biodiversità. Finora, infatti, la COP15 è stata rimandata per due anni e non sta producendo nessun’intesa valida per frenare la perdita di diversità biologica in corso.

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Il nuovo accordo ripete gli stessi errori del passato e non prova a migliorare nei punti chiave, denunciano da mesi molti osservatori. Al coro si aggiunge l’appello appena pubblicato su Science. “La bozza di accordo è insufficiente perché si limita ai nutrienti, ai pesticidi e alla plastica, mentre molte sostanze chimiche di grande importanza e preoccupazione sono escluse dall’equazione, comprese le sostanze persistenti e tossiche, come il mercurio e gli PFAS (sostanze per- e polifluoroalchiliche), nonché i prodotti farmaceutici, sostengono i 14 scienziati sottolineando il ruolo degli inquinanti chimici.

“Le prove inconfutabili della presenza di inquinanti chimici in tutti gli ecosistemi del mondo, compresi quelli remoti dell’Artico, dell’Antartide e dell’Himalaya, dovrebbero costringere i negoziatori del nuovo quadro sulla biodiversità a includerli tra le minacce alla biodiversità globale”, spiega la coautrice dell’appello Miriam Diamond, dell’università di Toronto.

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I continui rinvii della COP15 riflettono proprio la debolezza dell’accordo in preparazione. La Cina voleva sfruttare l’occasione per fare di Kunming l’equivalente per la tutela della biodiversità di quello che Parigi 2015 è stato per il clima. La realtà è molto distante. A partire da quello che uno studio del Nanjing Institute for Environmental Research ha definito il “peccato originale” dei target sulla diversità biologica: non ci sono vincoli che garantiscano l’implementazione dell’accordo da parte degli stati. E la COP15 non sta mettendo mano al problema.

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