Il rapporto dell’Ispra. In pericolo anche i contributi che vengono resi alle comunità, come l’impollinazione delle piante, il principale meccanismo per la riproduzione. Circa il 90% delle piante selvatiche da fiore ha bisogno di impollinatori per riprodursi; oltre il 75% delle principali colture agrarie beneficia dell'impollinazione. La produzione agricola mondiale direttamente associata all'impollinazione rappresenta un valore economico stimato tra 199 e 589 miliardi di euro
di Tommaso Tetro
(Rinnovabili.it) – Il valore economico dell’impollinazione animale è di circa 153 miliardi di euro all’anno su scala mondiale, 22 miliardi a scala europea e 3 miliardi a scala nazionale. Ma il 9% circa delle specie di api e farfalle è a rischio di estinzione. Questo quanto emerge dal rapporto dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), ‘Piante e insetti impollinatori: un’alleanza per la biodiversità’.
In pericolo – spiega l’Ispra – ci sono anche i contributi che vengono resi alle comunità, come l’impollinazione delle piante, il principale meccanismo per la riproduzione. “Circa il 90% delle piante selvatiche da fiore ha bisogno di impollinatori per riprodursi – rileva l’Istituto – api, vespe, farfalle, mosche, coccinelle, ragni, rettili, uccelli e anche mammiferi; oltre il 75% delle principali colture agrarie beneficia dell’impollinazione operata da decine di migliaia di specie animali (almeno 16mila tra gli insetti)”. In questo senso, la produzione agricola mondiale direttamente associata all’impollinazione rappresenta un valore economico stimato tra 199 e 589 miliardi di euro.
A incrementare il declino degli impollinatori ci pensano una serie di pressioni ambientali che spesso agiscono in sinergia: “distruzione e frammentazione degli habitat, inquinamento ambientale e eccesso di pratiche agricole intensive (uso di pesticidi e distruzione degli elementi di naturalità, come stagni e filari o muretti all’interno delle aziende agricole), cambiamenti climatici, l’arrivo e la diffusione di specie aliene invasive, tra cui patogeni e parassiti, come la vespa velutina, l’ape resinosa gigante, la formica faraone e la formica argentina, e specie vegetali che alterano gli habitat o risultano tossiche per le specie impollinatrici native”.
Secondo gli esperti che hanno lavorato alla realizzazione del rapporto, “l’impollinazione animale è la base fondamentale dell’ecologia delle specie, del funzionamento degli ecosistemi e della conservazione degli habitat e dunque della generazione di una vasta gamma di contributi essenziali per l’uomo. Senza gli impollinatori molte piante non sarebbero in grado di riprodursi, causando una riduzione della diversità della vegetazione, privando molti animali di una fonte primaria di cibo e scatenando effetti a catena nell’alimentazione. Perderemmo anche molti frutti, semi e verdure dalla nostra dieta e molti altri alimenti e materiali importanti, come oli vegetali, cotone e lino, legna da ardere e da opera”.
L’Ispra ricorda che la Strategia per la biodiversità 2030 e quella ‘Farm to Fork’, lanciate nel 2020 dall’Unione europea, contengono azioni e proposte per raggiungere entro il 2030 una serie di importanti obiettivi mirati alla salvaguardia della biodiversità, impollinatori inclusi, e a garantire l’integrità degli ecosistemi e la sicurezza alimentare. Tra queste, “la riduzione del consumo di suolo e il degrado ambientale, l’incremento della superficie coltivata con metodi sostenibili e rispettosi dell’ambiente e della biodiversità (come l’agricoltura biologica, che dovrebbe raggiungere il 25% dei suoli europei), la riduzione del 50% di pesticidi nell’ambiente, e il mantenimento di specie vegetali selvatiche sia in ambito agricolo che urbano”.