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La foresta di Tongass finisce in tribunale

L’azione legale è promossa da gruppi di nativi americani, ong e industrie come quella del turismo e della pesca che beneficiano dalle tutele ambientali

Foresta di Tongass
credits: invisiblepower da Pixabay

Depositato il ricorso contro il via libera allo sfruttamento della foresta di Tongass voluto da Trump

(Rinnovabili.it) – Ultima chiamata per la foresta di Tongass. Il più grande polmone verde degli Stati Uniti deve restare area protetta e le autorizzazioni di Trump al disboscamento e allo sfruttamento delle risorse minerarie del sottosuolo devono essere stralciate. E’ il contenuto di un ricorso appena approdato in tribunale, promosso da tribù di nativi americani dell’Alaska, gruppi ambientalisti ma anche realtà industriali del turismo e della pesca, con cui si cerca in extremis di salvaguardare la regione.

Alla fine di ottobre, l’amministrazione Trump era riuscita ad approvare un piano di sfruttamento per la foresta di Tongass, che con i suoi quasi 70 mila km2 occupa una bella fetta dell’Alaska. Metà della sua superficie da 20 anni era protetta dal Roadless Area Conservation Rule. Un regolamento che disciplina in modo rigido le attività che si possono compiere all’interno dell’area e che attualmente è in vigore sul 55% delle aree boschive americane. Nel caso di Tongass, impediva che le zone riconosciute come ‘selvagge’ possano essere oggetto di qualsiasi attività antropica di sviluppo. Trump ha sospeso questo regolamento, aprendo le porte a taglialegna e compagnie minerarie.

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Il ricorso si basa su diverse linee argomentative. Al centro c’è il rispetto dei diritti delle popolazioni native. La decisione dell’amministrazione uscente lederebbe i popoli Tlingit, Haida e Tsimshian, che dipendono dalla foresta di Tongass per la caccia, oltre a esserle legati per certi aspetti della loro cultura.

Trump avrebbe “ignorato i suggerimenti delle tribù e l’impatto sulle tribù che fanno affidamento sul Tongass per la caccia, la raccolta e la pesca”, si legge nel ricorso. Ma non solo. Un’altra linea argomentativa cerca di controbattere direttamente alle motivazioni addotte dall’amministrazione per cancellare il regolamento Roadless: il bisogno di rivitalizzare l’economia dello stato più settentrionale degli Stati Uniti. La decisione “ha ignorato l’impatto sui pescatori, l’industria del turismo e l’impatto sul clima per il mondo intero”, spiega Kate Glover, avvocato per l’ong EarthJustice. “Essenzialmente la decisione non aveva senso, era arbitraria”.

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Infatti, dal 2001, anno in cui è entrato in vigore il regolamento Roadless voluto dall’allora presidente Clinton, nella regione di Tongass è cresciuto il turismo ambientale, con più di 1 milione di visitatori l’anno. In parallelo si è sviluppata un’industria ittica (salmone) che vale diversi miliardi di dollari l’anno. Senza dimenticare il contributo che la foresta dà al contrasto al cambiamento climatico, visto che assorbe da sola circa l’8% di tutte le emissioni di CO2 prodotte ogni anno dagli Stati Uniti.