Il 1° novembre finisce il vertice internazionale sulla biodiversità di Cali. Ma la Cop16 rischia di chiudersi senza un accordo sulle risorse finanziare da destinare alla tutela della natura e della diversità biologica
Milioni invece di miliardi. E zero intese sul fondo che li dovrebbe raccogliere e distribuire. Sono i due problemi che stanno bloccando i lavori della Cop16 sulla biodiversità in corso a Cali, in Colombia. E a poco più di 24 ore dalla chiusura del summit, rischiano di farlo fallire. L’accordo finale potrebbe non contenere alcun patto sulla finanza per la natura. E senza le risorse adeguate, raggiungere gli obiettivi 2030 è pressoché impossibile.
Colmare il gap di finanza per la natura
Durante la Cop15 di Montreal, nel 2022, i quasi 200 paesi che partecipano ai negoziati avevano fissato il gap di finanza per la natura a 700 miliardi di dollari l’anno. La cifra è supportata da valutazioni scientifiche e corrisponde al volume di risorse necessarie per gestire in modo sostenibile la biodiversità e fermare la distruzione di ecosistemi e specie.
L’accordo raggiunto nella città canadese prevedeva un obiettivo di 200 miliardi l’anno entro il 2030, da qualsiasi fonte (pubbliche e private). Contestualmente, le economie avanzate avevano promesso di contribuire con 20 miliardi di dollari l’anno entro il 2025, in fondi pubblici destinati ai paesi più poveri.
Ma alla Cop16 di nuove risorse se ne sono viste ben poche. Prima dell’inizio del summit, il Global Biodiversity Framework Fund (GBFF) – il fondo creato nel 2022 per gestire la finanza per la natura – aveva racimolato la miseria di 244 milioni di dollari. In questi giorni si sono aggiunti altri 163 milioni promessi da Austria, Danimarca, Francia, Germania, Nuova Zelanda, Norvegia, Regno Unito e Québec.
Niente accordo sulle regole del gioco
L’altro punto di scontro tra i corridoi della Cop16 sono le regole del fondo. Il GBFF è stato istituito come una costola della Global Environment Facility e ha una governance che dà più peso ai paesi con economie avanzate, oltre ad avere regole che limitano l’accesso alle risorse.
I paesi del Sud globale vorrebbero lasciare Cali con un risultato drastico: sostituire il GBFF con un nuovo fondo, che abbia una governance più equilibrata. Soprattutto verso i paesi “megadiversi”, quelli che ospitano le quote maggiori di biodiversità.
È una critica che era stata mossa già alla Cop15. Il rappresentante della Repubblica Democratica del Congo, nella plenaria finale, aveva obiettato proprio alla governance del fondo. Di fatto aveva messo il veto, perché le decisioni sono prese all’unanimità. Ma la presidenza cinese della Cop15 aveva semplicemente fatto finta di non aver sentito e aveva approvato l’accordo finale. Una mossa decisamente irrituale e scioccante per molte delegazioni, che fa intuire quanto fossero profonde già allora le divisioni sulla gestione della finanza per la natura.