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Oltre 500 nuove dighe idroelettriche all’assalto di aree protette

dighe idroelettriche
Foto di Adrian Campfield da Pixabay

Nuove dighe idroelettriche mettono a rischio gli ecosistemi d’acqua dolce

(Rinnovabili.it) – Le aree protette sono uno strumento essenziale per la conservazione della biodiversità d’acqua dolce. Eppure il loro speciale status non le protegge fino in fondo, mettendo a rischio proprio quel patrimonio biologico più delicato. A lanciare l’allarme è un nuovo studio del WWF (testo in inglese) che denuncia come in queste aree siano state pianificate o già in fase di costruzione ben 500 dighe idroelettriche. E se il numero fa impressione, va sottolineato che il dato si riferisce solo ai nuovi impianti. In realtà sono 1.249 le dighe già attive nelle aree protette di tutto il mondo, con inevitabili effetti su ambiente e mezzi di sussistenza delle comunità locali.

“Le aree protette sono una strategia fondamentale per la conservazione della biodiversità e dei servizi ecosistemici, ma la loro progettazione e gestione devono essere migliorate”, ha commentato Michele Thieme, scienziato del WWF e autore principale dello studio.

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Uno dei maggiori rischi legati al boom impiantistico riguarda il patrimonio biologico d’acqua dolce, oggi in forte diminuzione. Le popolazioni di vertebrati (mammiferi, uccelli delle zone umide, rettili, anfibi e pesci) hanno registrato, infatti, un calo dell’83% tra il 1970 e il 2014. Uno dei principali fattori di questo declino sono proprio le dighe idroelettriche e altre infrastrutture idriche che incidono sugli habitat naturali delle specie di acqua dolce come delfini di fiume, lontre, pesci migratori e decine di migliaia di altre specie. 

Questi progetti possono avere effetti dannosi sui mezzi di sussistenza delle comunità locali come la pesca e l’allevamento, i movimenti delle specie migratorie, i flussi di sedimenti verso i delta e le pianure alluvionali a valle e altre funzioni fondamentali. “I fiumi sono la linfa vitale degli ecosistemi”, ha affermato Thieme. “Qualsiasi politica volta a preservare la natura deve privilegiare il libero flusso dei fiumi”. 

In molti casi non vi sono vicoli normativi a questo tipo di opere, in altri gli impianti sono stati realizzati prima dell’istituzione dell’area protetta (quasi tre quarti delle grandi dighe già esistenti). In altri ancora sono gli stessi governi che ridefiniscono i confini di queste zone e le attività autorizzate al loro interno per legalizzare le costruzioni.

L’associazione sottolinea come stia parallelamente crescendo anche l’opposizione ambientale. Alcuni dei progetti sui fiumi più grandi potrebbero essere sospesi, come ad esempio le due centrali idroelettriche, Molve 1 e Molve 2, previste sulla Bassa Drava; la zona rientra nei 930mila ettari della Riserva Mura-Drava-Danubio appena nominata dall’UNESCO. Chiamata anche l’Amazzonia d’Europa, l’immensa area costituisce la prima Riserva della biosfera a 5 paesi. O ancora, una campagna di crowdfunding con il sostegno del WWF-Paesi Bassi ha permesso al WWF-Ucraina di finanziare la rimozione delle dighe nel Parco nazionale Verkhovynskyi che stanno bloccando la migrazione del salmone del Danubio.

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