Il nuovo rapporto del Wwf identifica e analizza i 24 principali fronti di deforestazione concentrati in 29 Paesi di Asia, America Latina e Africa, che custodiscono una superficie forestale di 377 milioni di ettari, pari a un quinto della superficie forestale totale ricompresa nei Paesi delle zone tropicale e sub-tropicale
di Tommaso Tetro
(Rinnovabili.it) – Circa due terzi della deforestazione globale, tra il 2000 e il 2018, sono avvenuti in aree tropicali e sub-tropicali. E in 13 anni, tra il 2004 e il 2017, 43 milioni di ettari, un’area grande quanto la California, entro i confini dei 24 principali fronti di deforestazione, sono andati persi. E’ questa la fotografia scattata dal nuovo studio globale pubblicato dal Wwf ‘Fronti di deforestazione: cause e risposte in un mondo che cambia, che identifica e analizza i 24 principali fronti di deforestazione concentrati in 29 Paesi di Asia, America Latina e Africa, e che custodiscono una superficie forestale di 377 milioni di ettari, pari a un quinto della superficie forestale totale ricompresa nei Paesi delle zone tropicale e sub-tropicale.
“La metà della superficie terrestre era occupata da foreste fino a 8mila anni fa – spiega il Wwf – oggi quest’area si è ridotta al 30% e la deforestazione continua a ritmi vertiginosi, soprattutto nei luoghi che ospitano alcune delle comunità umane più vulnerabili al mondo e dove si concentra un’elevata biodiversità in pericolo”.
Tra il 2004 e il 2017 oltre il 10% della superficie forestale entro i confini dei 24 fronti di deforestazione è andato perduto – viene osservato – si tratta di circa 43 milioni di ettari; per avere un’idea della grandezza, basti pensare che l’Italia è grande circa 30 milioni di ettari. Mentre quasi la metà della foresta ancora in piedi, circa il 45%, ha subito frammentazioni – continua l’associazione – solo nel Cerrado brasiliano, che ospita il 5% delle specie animali e vegetali del pianeta, per esempio, i terreni sono stati rapidamente deforestati per l’allevamento del bestiame e la produzione di soia con la conseguente perdita di un terzo (il 32,8%) della sua superficie forestale tra il 2004 e il 2017.
Il Wwf ha definito e stimato, per ognuno dei 24 fronti presi in analisi, l’andamento delle cause che guidano la cancellazione degli ecosistemi naturali terrestri e valutato le risposte messe in campo da governi e altri soggetti, analizzandone l’efficacia, ma ha anche evidenziato come “l’influenza dei diversi fattori e attori tende a cambiare nel tempo e a variare da una regione all’altra, soprattutto a seconda dei cambiamenti politici e della domanda del mercato”.
La prima causa di deforestazione – avverte il Wwf – è l’agricoltura che soddisfa la domanda del mercato; questo vale soprattutto in America Latina e in Asia, dove predominano l’espansione delle coltivazioni arboree e dell’agricoltura legata sia alla domanda mondiale che ai mercati interni; mentre aumenta la pressione dei piccoli coltivatori, specialmente in Africa. L’estrazione del legname (sia in forma legale che illegale) ha ridotto “la sua importanza come motore primario del degrado e della perdita di foreste, nonostante spesso preceda la deforestazione per altri scopi e rimanga un fattore significativo in alcuni Paesi”.
La deforestazione “si accompagna spesso alla crescente espansione delle reti stradali, che collegano le zone di sfruttamento a quelle adibite all’esportazione e al rifornimento dei mercati interni. Ma i fronti si espandono anche a causa della pressione delle operazioni minerarie non industriali e dell’aumento degli insediamenti umani all’interno degli ecosistemi naturali. Ulteriori pressioni sulle foreste nascono poi dall’accaparramento di terreni di proprietà pubblica, guidato dalla speculazione, approfittando delle incertezze delle proprietà e di una governance nazionale debole”.
Con il rapporto, il Wwf chiede una serie di azioni urgenti da parte dei governi, delle imprese e delle autorità di regolamentazione, tra cui: assicurare i diritti delle popolazioni indigene e delle comunità locali affinché possano trarre sostentamento dei propri territori e rafforzare il loro ruolo nella gestione delle foreste; assicurare la conservazione delle aree ricche di biodiversità; garantire che i prodotti provenienti dallo sfruttamento degli ecosistemi forestali siano sostenibili e frutto di attività lecite; assicurare che le filiere di approvvigionamento delle aziende siano il più possibile sostenibili e incoraggiare un maggior numero di aziende e istituzioni finanziarie a impegnarsi per un obiettivo ‘zero deforestation’; creare politiche e leggi che garantiscano che tutti i prodotti forestali importati, ma anche gli strumenti finanziari, siano liberi dalla deforestazione e dalla conversione dell’ecosistema, e che rispettino i diritti umani.