Nel 2020 la deforestazione in Amazzonia si è mangiata 21mila km2
(Rinnovabili.it) – E’ vitale arrivare a zero deforestazione in Amazzonia nel giro di 5 anni. Ma siamo lontanissimi da questo obiettivo. Non soltanto nel Brasile di Bolsonaro, che dal 2019 è il promotore di una campagna sistematica di devastazione della più grande foresta pluviale del mondo. Tutti i 9 paesi sudamericani su cui si estende l’Amazzonia contribuiscono alla deforestazione.
Lo mette nero su bianco l’ong Amazon Conservation, in un rapporto dove fa il punto della situazione sull’anno appena trascorso. La deforestazione in Amazzonia, solo nel 2020, è aumentata del 21%. I km2 di foresta abbattuti o bruciati negli incendi arrivano a 21mila. In pratica è sparita in 12 mesi una superficie di Amazzonia un po’ più grande dell’intera Slovenia.
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Dall’analisi dei dati satellitari emerge che in termini assoluti è sempre il Brasile a guidare la classifica della deforestazione in Amazzonia. Un dato che non sorprende, non fosse altro perché il paese ospita il 60% della foresta. Meno scontato invece il primato del paese che accelera di più nella distruzione dell’Amazzonia: la Bolivia.
Il motivo? E’ molto diffusa la pratica del debbio, un modo per fertilizzare il terreno attraverso la bruciatura di residui delle coltivazioni, ma anche di superfici con vegetazione intatta. Questi incendi possono andare fuori controllo se, come nel caso della foresta di Chiquitano l’anno scorso, le condizioni climatiche sono particolarmente secche e facilitano la propagazione delle fiamme. Anche nel caso di La Paz, come per altri paesi vicini, sono allevamento e nuove piantagioni di soia a spingere i contadini a usare il debbio.
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Amazon Conservation allarga poi lo sguardo all’intera Amazzonia. Finora, si legge nel report, è stato distrutto il 17-18% dell’intero bioma amazzonico. In media scompare l’1% ogni 3 anni. Informazioni che vanno lette sullo sfondo di quello che molti scienziati definiscono ‘punto di non ritorno’ per la foresta, cioè la quota di deforestazione oltre la quale si innesca una spirale di degrado difficile da arrestare, soprattutto in termini di biodiversità. Questa soglia viene fissata tra il 20% e il 25% del bioma. Per essere ragionevolmente certi di non superarla, calcola l’ong, ci restano meno di 6 anni.