Il summit di Cali viene sospeso per mancanza di quorum durante la maratona finale. Salta la decisione sul dossier fondamentale della finanza per la natura. Passi avanti su piani nazionali, condivisione benefici da risorse genetiche, rappresentanza dei popoli indigeni
Un nuovo meccanismo per la condivisione dei benefici delle risorse genetiche e una reale rappresentanza dei popoli indigeni. Ma nessun accordo su temi centrali come i finanziamenti per la tutela della natura e come monitorare i progressi verso gli obiettivi al 2030. Dopo 2 settimane di negoziati a Cali, in Colombia, la Cop16 Biodiversità è finita con un accordo monco e il rinvio all’anno prossimo delle questioni più importanti e spinose.
La posta in gioco alla Cop16 Biodiversità
Il vertice di Cali era il primo incontro internazionale dopo l’approvazione del Global Biodiversity Framework (GBF), l’accordo con cui era terminata la Cop15 di Kunming-Montréal nel 2022. Il GBF:
- ha creato un quadro comune con i nuovi obiettivi 2030 per invertire la perdita di natura,
- ha stabilito che ogni paese entro la Cop16 presentasse un nuovo piano nazionale per la biodiversità,
- ha istituito un processo per monitorare l’implementazione di questi piani,
- ha fissato nuovi target per la finanza per la natura (200 miliardi di dollari l’anno entro il 2030, di cui dai paesi più ricchi 25 mld entro il 2025 e 30 mld entro il 2030).
La Cop16 era soprattutto un momento per valutare se, collettivamente, i 196 paesi che fanno parte della Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD) stanno andando nella direzione giusta, cosa bisogna modificare e come farlo. A partire proprio dai piani nazionali, la loro declinazione locale degli obiettivi globali sulla biodiversità e i mezzi per raggiungerli. In parallelo, il summit di Cali doveva trovare un accordo sulla finanza per la natura, tassello fondamentale per garantire che i paesi in via di sviluppo avessero risorse sufficienti per fare la loro parte nella tutela della natura.
I piani nazionali per la biodiversità (NBSAP)
La Cop16 non ha risolto la questione principale legata ai piani nazionali (National Biodiversity Strategies and Action Plans, NBSAP): la maggior parte degli Stati non li ha preparati in tempo. Quando il summit è iniziato, i piani presentati erano appena 26, il 15% del totale. Alla fine della Cop16 erano diventati 44, sempre meno del 25% del totale. A questi si aggiungono 115 paesi che hanno semplicemente presentato degli obiettivi nazionali, senza indicare come intendono raggiungerli. Di fronte al ritardo, la Cop16 ha semplicemente rinnovato l’invito di presentare i NBSAP “il prima possibile”, senza però indicare alcuna scadenza. Resta quindi spazio alle interpretazioni.
Debole anche il meccanismo per rivedere e valutare i progressi compiuti con i piani nazionali durante le prossime Cop Biodiversità. A Cali, i delegati hanno approvato un testo che definisce i dettagli del processo di revisione. Come di consueto il bilancio sarà collettivo, cioè non ci saranno richiami ai singoli paesi. Il problema è che non sono previsti meccanismi con cui i paesi devono rispondere a eventuali ritardi nel raggiungimento degli obiettivi. La revisione globale, ha stabilito la Cop16, si baserà su input nazionali e di terze parti (la società civile), ma non comporta alcun obbligo per gli Stati. I quali “possono” rivedere i loro piani nazionali.
La finanza per la natura
Totale buco nell’acqua per quanto riguarda la finanza per la natura. La Cop16 Biodiversità si è chiusa con uno stallo durante la lunghissima plenaria finale dell’1-2 novembre che verteva proprio attorno a questo dossier. L’accordo finale non contiene alcuna decisione sulle questioni legate ai finanziamenti. L’ultimo testo negoziale, proposto in extremis dalla presidenza colombiana, costituirà la base di partenza del prossimo incontro preparatorio alla Cop17.
Su questo punto, il summit si è chiuso com’era iniziato. Il Sud globale voleva creare un nuovo fondo dedicato alla finanza per la natura, con una governance che desse a questi paesi più voce in capitolo. Il Nord globale voleva mantenere il fondo in vigore, il Global Biodiversity Framework Fund, istituito alla Cop15 due anni fa. Fondo che era stato approvato ignorando le richieste di alcuni paesi in via di sviluppo (tra cui il Congo in plenaria finale) e che non sta funzionando. Le risorse promesse ammontano appena a 400 milioni di dollari l’anno. Altri temi spinosi riguardano i riferimenti all’equità e al peso del debito per i paesi meno sviluppati.
L’accordo sulla condivisione delle risorse genetiche (DSI)
C’è invece un accordo sul tema delle Digital Sequence Information (DSI), l’informazione genetica di animali e piante che viene digitalizzata e diventa facilmente condivisibile. I negoziati da anni cercano di far passare un principio: alcuni settori (su tutti quello farmaceutico) sfruttano le DSI per creare i loro prodotti, ma dovrebbero pagare un corrispettivo ai paesi che ospitano la biodiversità da cui queste compagnie traggono profitto.
Il tema è quello della condivisione equa dei benefici che derivano dallo sfruttamento, da parte di aziende solitamente basate nel Nord globale, di queste risorse ricavate dal patrimonio di biodiversità, tipicamente concentrato nei paesi del Sud globale.
La Cop16 Biodiversità ha approvato un “Fondo Cali” che raccoglierà i pagamenti legati all’uso di DSI. Questi pagamenti saranno però solo volontari. In un passaggio molto criticato dell’accordo, si legge che le aziende “dovrebbero” contribuire al fondo. Si dà anche un riferimento quantitativo, l’1% dei profitti o lo 0,1% delle entrate. Ma, anche qui, si tratta di cifre non vincolanti. In una modifica all’accordo se possibile ancora più criticata (alcuni osservatori parlano senza mezzi termini di biopirateria), la Cop16 ha stabilito che le aziende non debbano più dimostrare di non aver usato DSI per i loro prodotti. Di fatto, una compagnia potrà semplicemente non pagare, senza dover neppure giustificare il mancato pagamento.
Ruolo dei popoli indigeni
L’altro accordo raggiunto alla Cop16 Biodiversità riguarda il ruolo dei popoli indigeni. Il vertice ha stabilito la creazione di un organo sussidiario al quale è garantita una partecipazione dei popoli indigeni. Questo organo avrà voce in capitolo nelle decisioni che riguardano la tutela della natura. Di fatto, si assicura un ruolo più centrale ai popoli indigeni in tutte le fasi del processo negoziale.
Altri temi discussi alla Cop16 Biodiversità
Le due settimane di negoziati hanno riguardato molti altri temi. La Cop16 ha riconosciuto il legame tra biodiversità e clima, per la prima volta in modo strutturato anche se il linguaggio del testo finale è molto edulcorato rispetto alle prime bozze. C’è una parte dell’accordo finale dedicata a iniziative per introdurre considerazioni sulla biodiversità in tutte le politiche rilevanti, come ad esempio l’agricoltura e lo sviluppo delle infrastrutture (il cosiddetto “biodiversity mainstreaming”).
Inoltre, si sono definiti meglio i prossimi passi per approvare un quadro comune sulla “biologia sintetica”, una serie di tecniche innovative tra cui il “gene drive” (spinta genetica). È stato adottato un modo standard comune per identificare le aree di oceano ad alto valore ecologico, quindi da proteggere in via prioritaria (le Ecologically Biologically Significant Areas, EBSAs). È stato approvato un piano d’azione su biodiversità e salute.
Consulta qui tutti i documenti approvati alla Cop16 di Cali