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Cop16 sulla biodiversità, a che punto siamo con gli obiettivi 2030?

Nei prossimi 6 anni dobbiamo istituire aree protette terrestri grandi come Brasile e Australia combinati. E tutelare un’area di mare grande come l’oceano Indiano. Dal 2020 a oggi i progressi sono arrivati col contagocce. La fotografia dell’Unep e dello Iucn sullo stato di attuazione degli obiettivi 2030 sulla biodiversità

Cop16 sulla biodiversità: il gap di aree protette è ancora enorme
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Dal 2020 a oggi, in tutto il mondo, è stata dichiarata protetta una regione grande il doppio dell’Italia, quasi 630mila km2. Nello stesso periodo, la superficie di mare e di acque interne poste sotto protezione sono aumentate di 1,77 milioni di km2, poco meno di 3 volte il Belpaese. I passi avanti ci sono ma “devono accelerare” per rispettare gli obiettivi al 2030 di tutelare almeno il 30% delle terre emerse e dei mari. È il bilancio presentato dall’Agenzia Onu per la protezione ambientale (Unep) e dalla Iucn, la massima organizzazione conservazionista mondiale, durante la Cop16 sulla biodiversità in corso a Cali, in Colombia.

Cop16 sulla biodiversità, a che punto siamo con gli obiettivi 2030?

Proteggere almeno il 30% del Pianeta entro questo decennio è il singolo obiettivo più importante per invertire la perdita di biodiversità e il degrado degli ecosistemi tra quelli stabiliti nel 2022 con il Global Biodiversity Framework di Kunming-Montreal. A che punto siamo?

In termini di percentuale, il rapporto Protected Planet Report 2024 rivela che oggi è protetto il 17,6% delle terre e l’8,4% dei mari e delle aree costiere a livello globale. Il ritmo a cui stiamo procedendo è drammaticamente lento. Negli ultimi 4 anni, per entrambi i domini, l’incremento è stato appena dello 0,5%.

Nei prossimi 6 anni dovremo garantire adeguate tutele a una superficie di terra grande come Brasile e Australia combinati. E una porzione di mare vasta come l’oceano Indiano. Ogni anno, bisognerà correre 16 volte più veloce per le terre e 29 volte più veloce per i mari.

Oltre alle dimensioni, la qualità della protezione e la distribuzione geografica restano delle criticità di non poco conto. Ad esempio, il rapporto presentato alla Cop16 sulla biodiversità registra molti progressi sul versante delle aree marine protette. Ma nota anche che la maggior parte è in acque nazionali, mentre in quelle internazionali (che rappresentano il 60% degli oceani) ricadono solo l’11% delle aree protette.

Delle aree più importanti per la biodiversità a livello mondiale, appena 1/5 oggi sono protette. C’è uno sbilanciamento tra biomi: alcune regioni ecologiche sono già protette per oltre il 30%, altre sono ancora a zero. E ancora: solo il 5% delle aree protette terrestri e l’1,3% di quelle marine hanno forme di tutela di alta qualità, e solo l’8,5% del territorio mondiale è ben collegato e protetto.

È essenziale che le aree protette e conservate raggiungano l’obiettivo del 30% entro il 2030, ma è altrettanto importante che queste aree siano efficaci e che non abbiano un impatto negativo sulle persone che vivono al loro interno e nei dintorni, che spesso sono i loro custodi più preziosi. Il rapporto storico di oggi mostra che sono stati fatti alcuni progressi negli ultimi quattro anni, ma non ci stiamo muovendo abbastanza lontano o abbastanza velocemente”, ha affermato Inger Andersen, direttrice esecutiva dell’Unep.

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