La perdita di biodiversità è una crisi strettamente intrecciata con quella climatica
(Rinnovabili.it) – La maggior parte delle aziende considera il tema della perdita di biodiversità nelle sue strategie. Ma più della metà, di fatto, non compie alcuna azione concreta per tutelarla. La diversità biologica, insomma, non è un vero punto cieco per il settore corporate, anche se i margini di miglioramento sono enormi. È il messaggio che Carbon Disclosure Project (CDP) lancia alla COP15 che sta per iniziare a Montréal per fissare i nuovi target globali di protezione della biodiversità con orizzonte 2030.
Quanta ambizione può avere questo nuovo Global Biodiversity Framework? Molta, e può anzi deve coinvolgere anche il settore privato, risponde CDP sulla base dei dati raccolti nel più vasto sondaggio mai realizzato su questo argomento. Delle 7.700 aziende che hanno risposto, quasi 1/3 (il 31%) ha assunto almeno un impegno contro la perdita di biodiversità mentre una su quattro pianifica di farlo nei prossimi due anni.
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Le buone notizie, però, finiscono qui. Il passaggio all’azione è l’aspetto più delicato, su cui forse un impegno forte alla COP15 potrebbe incidere. Secondo i dati di CDP, infatti, più di metà delle aziende (il 55%) non ha fatto nulla nell’ultimo anno per migliorare le sue prestazioni in ambito biodiversità. E quasi tre su quattro (il 70%) non effettua una valutazione “Scope 3”, relativa cioè all’impatto sulla diversità biologica della sua catena del valore.
“I risultati sono ancora più netti se si considerano i settori notoriamente più dannosi per la natura, come il 74% delle aziende del settore dell’abbigliamento e il 73% di quelle manifatturiere che non valutano l’impatto della loro catena del valore sulla biodiversità”, notano gli autori del sondaggio. “Ciò suggerisce che molte delle aziende che hanno la possibilità di avere un impatto positivo maggiore non riescono ancora a intraprendere azioni significative per fermare la perdita di biodiversità e il degrado ambientale”.
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