"Siamo in uno stato di emergenza planetaria". Questo si legge nel documento programmatico firmato dai principali leader mondiali.
Anche l’Italia tra i firmatari della Carta di Intenti per la Natura
(Rinnovabili.it) – La ripresa post-Covid avrà al centro la tutela del pianeta. Lotta senza quartiere all’inquinamento. Niente plastica in mare entro la metà del secolo. Stop alla pesca non sostenibile. Via i sussidi che danneggiano il clima. L’economia circolare sarà moneta corrente entro la fine di questo decennio. E le filiere globali del cibo vanno ripensate dalle fondamenta e rese rispettose dell’ambiente. Non è la lista di richieste del movimento Fridays for Future, e non è nemmeno l’elenco delle priorità stilato da un’organizzazione per la difesa dell’ambiente. Si tratta della Carta di Intenti per la Natura, una piccola parte dell’impegno per il pianeta che più di 60 paesi hanno sottoscritto ufficialmente lunedì 28, in vista del summit ONU sulla biodiversità in programma per il 30 settembre.
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La Carta di Intenti per la Natura, Leader’s Pledge for Nature, è l’iniziativa che ha messo insieme Merkel e Macron, la premier neozelandese Andern e il primo ministro nepalese Oli, i presidenti di Palau e delle isole Marshall. E anche il premier italiano Conte, che ha commentato l’adesione: “È un’ottima notizia che l’Italia abbia aderito ufficialmente a ‘La Carta di Intenti per la Natura’ promossa da un forte nucleo di nazioni che vogliono agire subito per invertire la curva alla perdita di biodiversità globale”. L’obiettivo, infatti, è alzare l’asticella dell’ambizione per tutelare gli ecosistemi e recuperare il tempo perso, e si inserisce nel solco del nuovo piano delle Nazioni Unite per il decennio 2020-2030 annunciato lo scorso gennaio.
“Siamo in uno stato di emergenza planetaria”, si legge nel documento programmatico, “le crisi interdipendenti di perdita di biodiversità, del degrado degli ecosistemi e dei cambiamenti climatici – guidati in larga parte da modi di produzione e consumo insostenibili – richiedono un’azione globale urgente e immediata”.
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Tradotto: finora non abbiamo fatto abbastanza, serve un cambio di passo. Il mea culpa è quindi seguito da un elenco dettagliato di ambiti dove l’azione globale invocata deve tradursi in progressi concreti. Beninteso, la Carta di Intenti per la Natura è un documento generalissimo e programmatico, che non scende nelle questioni tecniche e si limita a enunciare poco più che dei principi. Ma ha il merito, perlomeno, di mantenere alta l’attenzione globale sulla necessità di sfruttare la pandemia per ripensare a fondo le nostre economie.
Al primo posto l’attenzione per far sì che il rimbalzo dell’economia globale quando la pandemia sarà finita si traduca in una ripresa verde. La parte direttamente legata alla biodiversità menziona la partecipazione a pieno titolo nei processi decisionali dei popoli indigeni e delle comunità locali. Il capitolo sul cibo si sofferma sulla promozione di politiche agricole e su un utilizzo del suolo che non degradino gli ecosistemi. Sul clima, i 64 paesi si impegnano a rendere più ambiziosi i contributi nazionali volontari e ad adottare con obiettivo ultimo la neutralità climatica entro il 2050. Lotta ai crimini ambientali e maggior impegno per una finanza verde chiudono la lunga lista di promesse.