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Il cambiamento dell’uso del suolo incide sulla perdita di biodiversità

Il cambiamento dell’uso del suolo è un fattore di degrado ambientale con importanti ricadute sulla biodiversità. Un tipico esempio è la conversione degli habitat in terreni agricoli, uno dei principali elementi che hanno portato alla perdita di biodiversità a livello globale

Il cambiamento dell’uso del suolo incide sulla perdita di biodiversità
Image by Robert Jones from Pixabay

Uso del suolo e impatto antropico

Cambiando l’uso del suolo ci sono ricadute negative sulla biodiversità? Lo studio Biodiversity impacts of recent land-use change driven by increases in agri-food imports, pubblicato in “Nature Sustainability” conferma che l’impatto antropico condiziona l’ecosistema.

Perché l’impatto antropico influisce sull’uso del suolo e sulla biodiversità?

L’impatto antropico è l’effetto delle azioni dell’uomo sulla natura. Da dove nasce il problema? Dal fatto che l’uomo non si adatta alla natura ma cerca di cambiarla, di adeguarla alle sue esigenze.

Purtroppo, a volte gli interventi dell’uomo sono così drastici che la natura reagisce in modo violento causando quelle catastrofi con cui ci dobbiamo confrontare sempre più spesso: alluvioni, siccità, inquinamento ambientale, perdita di biodiversità.

Un tipico esempio di cambiamento dell’uso del suolo è la conversione degli habitat in terreni agricoli (ad esempio con la deforestazione), uno dei principali fattori che hanno portato alla perdita di biodiversità a livello globale.

Si cerca allora di ripristinare la biodiversità in alcune aree, ma il rischio è di trasferire altrove l’impatto negativo delle catene di approvvigionamento alimentare.

Quali sono le conseguenze del degrado del suolo?

Le innumerevoli specie che popolano il suolo – animali, batteri, funghi – rappresentano i tre quarti della biodiversità del Pianeta e creano un ecosistema dinamico ricco di sostanze preziose.

Spesso il suolo non è in grado di sopportare la conversione da vegetazione naturale a terreno agricolo e crollano le sue capacità di mantenersi sano e rigenerarsi.

Il degrado del suolo è un processo degenerativo che porta alla scomparsa del suolo o alla perdita della sua funzione di substrato per le comunità biologiche.

È dovuto in gran parte alle azioni dell’uomo, ma può avvenire anche per cause naturali.

Erosione, salinizzazione, urbanizzazione, inquinamento, desertificazione, impermeabilizzazione e pioggia eccessiva (che porta via i nutrienti che rendono fertile il suolo) sono alcuni tipi di degrado del suolo.

Quali sono le conseguenze? Per fare un esempio concreto, la mancata crescita delle piante o la loro eliminazione con la deforestazione sono l’anticamera della desertificazione.

Oltre a quello ambientale, il degrado del suolo ha anche un costo economico: solo nell’Unione Europea è stimato circa 50 miliardi di euro all’anno.

Uso del suolo e catene di approvvigionamento

Biodiversity impacts of recent land-use change driven by increases in agri-food imports esamina il legame tra gli impatti sulla biodiversità derivanti dai cambiamenti dell’uso del suolo nelle catene di approvvigionamento globali dal 1995 al 2022.

Quasi l’80% dell’impatto globale sul cambiamento dell’uso del suolo è legato all’aumento delle esportazioni agroalimentari da America Latina, Africa e Sud-Est asiatico e Pacifico (esclusa la Cina).

Invece, per quanto riguarda la Cina, gli Stati Uniti, l’Europa e il Medio Oriente l’aumento delle importazioni ha rappresentato quasi il 60% dei recenti impatti globali sui cambiamenti dell’uso del suolo dal punto di vista dei consumi, nonostante ci sia una diminuzione degli impatti interni attraverso le azioni di ripristino (ad esempio, la riforestazione, l’abbandono dei terreni agricoli, la conversione dei terreni coltivati in prati).

Spostare il problema senza risolverlo

La diminuzione degli impatti sulla biodiversità nelle regioni temperate e aride è stata parzialmente ottenuta esternalizzando l’approvvigionamento agroalimentare agli hotspot di biodiversità tropicale.

Tuttavia, questo ho solo spostato altrove il problema ma non lo ha eliminato, semmai lo ha aggravato. Infatti in Europa l’impatto è inferiore grazie all’attuazione di misure di ripristino.

Lo studio conferma che il cambiamento dell’uso del suolo è il principale fattore di perdita di biodiversità: una situazione che deriva dalla trasformazione degli habitat in terreni agricoli.

È possibile correggere la rotta? La ricerca parte da due punti chiave. Il primo è valutare gli impatti sulla biodiversità derivati dal cambiamento dell’uso di suolo a livello globale; il secondo è capire in che modo i cambiamenti della domanda e dell’offerta nelle catene di approvvigionamento contribuiscono a questi impatti.

Il ripristino della natura non compensa la distruzione degli habitat

Lo studio evidenzia un sistema di vasi comunicanti: come si è detto, si invertono i fattori ma la somma non cambia (o cambia poco).

Infatti la diminuzione degli impatti sulla biodiversità dovuti alle misure di ripristino della natura, per lo più nelle zone temperate e aride, è stata di gran lunga superata dall’aumento degli impatti dovuti alla deforestazione e dalle distruzioni degli habitat, soprattutto nelle regioni tropicali.

Secondo gli studiosi, oltre il 90% degli impatti globali sulla biodiversità dovuti ai cambiamenti dell’uso del suolo dipendono dall’agricoltura: il 72% dalle coltivazioni e il 21% dai pascoli.

Invece miniere, altre industrie e infrastrutture urbane hanno un impatto minore.

La ricerca non ha considerato i prodotti forestali perché l’agricoltura è il principale motore della deforestazione, mentre il legname è un sottoprodotto.

Il peso del commercio agroalimentare internazionale

I risultati dello studio indicano che la maggior parte degli impatti dei cambiamenti nel suolo sulla biodiversità nelle regioni tropicali sono legati all’aumento del commercio internazionale di prodotti agroalimentari.

Addirittura, più del 60% degli impatti netti sul cambiamento della produzione di terreni sono dovuti all’aumento delle importazioni dei paesi ricchi da quelli meno ricchi.

Lo studio approfondisce la situazione nelle macro regioni. In sintesi, i risultati mostrano che:

  • la maggior parte degli impatti legati ai terreni coltivati si verificano nel Sud-Est asiatico e nel Pacifico;
  • l’America Latina (in particolare il Brasile) è un hotspot negli impatti dei cambiamenti nell’uso del suolo legato al pascolo;
  • l’alto contributo dell’Africa agli impatti legati al pascolo dipende dall’elevata perdita di specie;
  • in Europa e Nord America si registra un aumento degli impatti sulla biodiversità basati sui consumi a partire dall’esternalizzazione delle catene di approvvigionamento agroalimentari agli hotspot di biodiversità tropicale.

Quello che emerge, in generale, dallo studio è che la Cina è il principale destinatario delle esportazioni, sia alimentari (carne bovina, verdure, frutta, noci, riso) che non (materie prime per prodotti biochimici).

Le necessarie scelte politiche

A questo punto la palla passa alla politica: serve trasparenza nelle catene di approvvigionamento globali. Pertanto, è necessario:

  • sostenere le aree in cui c’è maggiore perdita di biodiversità a fermare la distruzione degli habitat;
  • incoraggiare i paesi (in particolare Cina, Stati Uniti, Medio Oriente ed Europa) a non importare prodotti agroalimentari dai paesi in cui c’è un alto tasso di distruzione della biodiversità tropicale.

La domanda cruciale è: si riuscirà a perseguire questi obiettivi? La risposta, non meno cruciale, è che si tratta di una questione di sopravvivenza.

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About Author / Isabella Ceccarini

Lavora da più di trent’anni nel campo editoriale e giornalistico. Di formazione umanistica, è curiosa delle novità e affascinata dalla contaminazione tra saperi diversi. Non ama i confini mentali e geografici, è un’europeista sostenitrice dell’Italia, convinta che le sue grandi qualità – bellezza, arte, cultura, creatività – che il mondo ci invidia dovrebbero essere più apprezzate per primi dagli italiani. Promuove e sviluppa iniziative di comunicazione della scienza, di formazione giornalistica professionale e di sensibilizzazione sui temi della sostenibilità, ricerca, innovazione e formazione, nuove tecnologie, economia circolare. Organizza e modera tavole rotonde per mettere a confronto opinioni diverse.