Gli animali, sia marini che terrestri, fuggono verso i poli alla ricerca di ambienti più temperati per sopravvivere. Ma non per tutti l'adattamento risulta semplice e veloce
il primo database globale sulla distribuzione delle specie mostra una situazione allarmante per tutti gli animali del pianeta
(Rinnovabili.it) – Gli effetti del riscaldamento globale stanno costringendo persone di tutto il mondo a spostarsi alla ricerca di luoghi più vivibili. Sono quelli che oggi vengono chiamati migranti climatici e che, secondo uno studio accettato dall’IPCC, potrebbero raggiungere la cifra di 200 milioni entro il 2050. Ma il problema non riguarda solo l’uomo: ogni anno migliaia di animali e altre specie viventi abbandonano i loro habitat alla ricerca di luoghi più temperati. Ora una nuova ricerca che ha coinvolto il Cnrs, Ifremer, l’Università di Tolosa III Paul Sabatier e l’Università della Piccardia Jules Verne, ha creato il primo database globale sulla gamma di distribuzione delle specie che sta emergendo in risposta al clima.
Il team internazionale di studiosi ha analizzato 258 studi, confrontando 30.534 spostamenti di habitat di più di 12.000 tra batteri, funghi, piante e animali. Sulla base di queste informazioni ha realizzato BioShifts, un database geografico globale sulla gamma di distribuzione della biodiversità. Gli autori hanno sottolineato i limiti di questo strumento a causa di “uno squilibrio spaziale verso le regioni più sviluppate dell’emisfero settentrionale e una propensione tassonomica verso gli animali e le piante più “carismatici” del pianeta”, ossia quelli più interessanti per l’uomo, sia per il fatto che la meta-analisi usata per creare BioShift copre solo lo 0,6% di tutta la vita conosciuta sulla Terra.
In ogni caso il database è lo strumento più vicino a una reale mappatura della situazione attuale e mostra con chiarezza come le specie marine stiano aprendosi un varco per raggiungere i poli, così come gli animali terrestri. Ma, nella loro migrazione, questi ultimi si muovono ”a un ritmo molto più lento del previsto, specialmente nelle aree con climi caldi”.
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Lo studio pubblicato ha infatti rilevato come le specie marine riescano a seguire da vicino le isoterme, ossia le variazioni dello stato di un sistema fisico durante le quali la temperatura rimane costante, sia in acque calde e indisturbate, come il bacino del Pacifico centrale, che in acque fredde soggette a pressioni umane, come il Mare del Nord.
Diversamente gli animali terrestri, dagli anfibi ai mammiferi, devono affrontare molti più ostacoli naturali che, uniti alle attività umane, ne minano la capacità di tracciare i cambiamenti di isoterma nel senso della latitudine. In altre parole, secondo i ricercatori l’impatto dell’uomo sul territorio, unito ai cambiamenti climatici, sta forzando molte specie nella direzione sbagliata, opposta rispetto alle isoterme che li guiderebbero verso aree più fredde. Così gli animali terrestri risultano essere sempre più esposti ai rischi dovuti al riscaldamento globale e sempre meno in grado di adattarvisi.
Le specie marine invece, vivendo negli oceani, hanno più possibilità di movimento e sono spinti a spostarsi più velocemente anche a causa della pesca commerciale che esaurisce le loro risorse di sussistenza. La loro migrazione è sei volte più veloce rispetto a quella delle specie terrestri.
Viste le temperature in continuo aumento, così come la competizione per gli habitat atti alla vita sempre più stringente, è fondamentale spiegare “queste complesse interazioni […] per migliorare la modellizzazione degli scenari di ridistribuzione della biodiversità e le sue conseguenze sul benessere umano”. Conseguenze che potremmo non aver mai immaginato.
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