Deforestazione e monocolture commerciali sono direttamente legate a una probabilità maggiore che le malattie zoonotiche si diffondano e compiano il salto verso l’uomo
Foreste ricche di biodiversità sono la migliore barriera
(Rinnovabili.it) – Foreste sane, con ecosistemi equilibrati e una grande varietà di predatori e specie animali e vegetali. E’ la biodiversità la miglior protezione che l’uomo ha dalla minaccia delle malattie zoonotiche, quelle che riescono a fare il salto di specie da un animale all’uomo come il Covid-19. E che possono dare vita a pandemie devastanti come quella che stiamo attraversando da più di un anno.
Un nuovo studio pubblicato su Frontiers in Veterinary Science spiega che il cambiamento d’uso del suolo è uno dei fattori scatenanti principali per questo tipo di malattie. Gli autori infatti hanno trovato una correlazione piuttosto solida tra l’evoluzione della copertura forestale, l’espansione delle piantagioni, la variazione di popolazione e l’insorgenza di queste malattie.
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Cosa significa questa correlazione? Più aumenta la deforestazione, maggiore è la probabilità che qualche malattia zoonotica riesca a fare il salto verso l’uomo. Ma non solo. Anche la riforestazione a scopi commerciali facilita il salto di specie. I ricercatori spiegano che un gran numero di alberi non fa una foresta: perlomeno, non una foresta in grado di bloccare la diffusione di questi virus. Perché? La risposta è nella biodiversità. Una piantagione di alberi della stessa specie, come si usa appunto per scopi commerciali, non supporta un ecosistema abbastanza diverso.
La biodiversità è davvero cruciale: più è alto il numero di varietà animali e vegetali ‘specialiste’, cioè bravissime a svolgere una certa funzione, e più la foresta è in grado di evitare gli spillover. Se diminuiscono gli ‘specialisti’, invece, iniziano a proliferare i ‘generalisti’: tra cui molte specie animali come le zanzare o i ratti, che sono tra i principali vettori (serbatoi) di questi patogeni.
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La ricerca si basa sull’analisi statistica su dati dell’Oms, della Banca Mondiale, della Fao e del database sulle epidemie Gideon. Copre il periodo compreso tra il 1990 e il 2016, per un totale di quasi 4.000 focolai epidemici di 116 malattie zoonotiche che sono riuscite a fare il salto verso l’uomo (è molto più comune di quanto la nostra percezione ci suggerisca, anche se per fortuna solo in pochi casi la diffusione è globale o regionale). Inoltre, l’analisi tiene in considerazione anche altri circa 2.000 focolai di malattie diffuse da 69 ‘portatori’ (mosche, zanzare, zecche).