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Bolsonaro va in trincea contro la biodiversità

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Bloccati i lavori per il summit Onu sulla biodiversità

(Rinnovabili.it) – Niente videoconferenze, siamo brasiliani. La pensa così il presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, quando si tratta di discutere a livello globale sul rispetto degli obiettivi di tutela della biodiversità. Una decisione che sta bloccando i lavori preparatori alla conferenza Onu del prossimo anno, che si dovrebbe tenere (dal vivo, Covid permettendo) a Kunming, nella provincia cinese dello Yunnan.

Non è un semplice capriccio, quello del presidente che ha definito le ong che difendono l’Amazzonia dallo sfruttamento “un cancro”. E’ una tattica per mettere i bastoni tra le ruote alla diplomazia internazionale che lavora sulla biodiversità e che minaccia di mettere alla berlina le sue politiche sulla foresta pluviale più grande del mondo.

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Negli ultimi due anni, infatti, Bolsonaro ha dato il via a uno sfruttamento intensificato e più sistematico delle risorse dell’Amazzonia. Non soltanto il legname, ma anche metalli e altre risorse minerarie. Con i numeri della deforestazione che continuano a crescere senza sosta. Così come quegli degli incendi. A dispetto dell’invio dell’esercito, che più che combattere i fenomeni illeciti militarizza il territorio e mette la mordacchia alla società civile.

Bloccare i lavori preparatori di Kunming rientra quindi in questa strategia complessiva. Ma cos’è successo esattamente? Bolsonaro si è rifiutato di dare il via libera al documento sul budget per la conferenza. Perché in quel testo si fa riferimento ad alcuni round negoziali che si terrebbero prima della conferenza e da remoto. Una misura che serve per recuperare il tempo perso, visto che la pandemia ha ritardato di 1 anno il summit. Il presidente brasiliano però li rifiuta con una scusa piuttosto risibile: i negoziati via web danneggerebbero gli Stati più poveri, perché è probabile che avranno più problemi di connessione dei paesi più ricchi.

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Il Bolsonaro paladino degli ultimi e dei deboli in realtà punta a far fallire il summit. A Kunming infatti si dovrebbero decidere nuovi obiettivi globali sulla biodiversità per il 2030. E dare sostanza e concretezza alle promesse contenute nella Carta di intenti per la Natura, un documento programmatico sottoscritto a settembre da 60 paesi,e a mettere nero su bianco il nuovo piano decennale dell’Onu.

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