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Il sogno ‘Pacifico’ di Bolsonaro dichiara guerra alla biodiversità

Ripreso in mano un vecchio progetto della giunta militare: un’autostrada che colleghi lo Stato di Acre col Perù. Ma tagliando in due un parco nazionale. Bolsonaro già al lavoro per cancellare le protezioni ambientali

Biodiversità
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Nel Serra do Divisor un tesoro di biodiversità: 400 specie di mammiferi e 160 di uccelli

(Rinnovabili.it) – Taglierà in due un parco nazionale, il Serra do Divisor. Che è anche una delle aree con più biodiversità di tutta la foresta amazzonica. E coprirà di asfalto le terre di 3 popolazioni indigene, Nukini, Jaminawa e Poyanawa. E’ il progetto di estensione dell’autostrada BR-364, un nastro grigio lungo più di 4.300 km che percorre tutto il Brasile da est a ovest, collegando la metropoli di San Paolo con lo Stato nordoccidentale di Acre.

I chilometri da aggiungere sono appena 130, ma toccano un territorio particolarmente sensibile dal punto di vista ambientale. Il progetto “transoceanico”, fortemente appoggiato dal presidente brasiliano Jair Bolsonaro, mira a collegare lo Stato con Pucallpa in Perù. Per accelerare i lavori, i deputati stanno lavorando a un disegno di legge per stemperare le protezioni ambientali del parco nazionale. Che è ritenuto dai conservazionisti uno degli scrigni di biodiversità più preziosi dell’intera Amazzonia, dal momento che ospita circa 130 specie di mammiferi e oltre 400 specie di uccelli.

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Per alcune popolazioni indigene dell’area il progetto sarebbe del tutto inutile visto che esiste già una via di comunicazione aperta con il Perù, mentre per SOS Amazzonia, una ong brasiliana, il progetto è “irresponsabile” e il frutto di una visione “vecchia e retrograda”, che ricorda da vicino la politica di deforestazione sistematica della foresta sotto la giunta militare, tra gli anni ’60 e gli ’80. Anche quella portata avanti in nome dello sviluppo economico della regione, lo stesso mantra ripetuto da Bolsonaro per ogni progetto che riguarda l’Amazzonia.

Il caso dell’estensione della BR-364 non fa eccezione, visto che è stato definito un modo per “portare sviluppo economico nella regione rilanciando le relazioni commerciali e culturali” con il Perù, e “un passaggio verso il Pacifico” dal presidente e dai suoi  fedelissimi.

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Bolsonaro ha riavviato molti progetti infrastrutturali, ma anche di sfruttamento delle risorse locali del suolo e del sottosuolo, da quando si è insediato a gennaio 2019. Sotto la sua presidenza il tasso di deforestazione è tornato a impennarsi dopo alcuni anni di calo costante. Tra il 2000 e il 2018, la deforestazione dell’Amazzonia si è già mangiata l’8% della più grande foresta pluviale del mondo. E il ritmo è cresciuto da allora, come certificano i dati dell’agenzia spaziale brasiliana (non a caso, nel mirino di Bolsonaro).

In parallelo, il presidente ha lanciato una guerra senza quartiere alle ong ambientaliste attraverso la militarizzazione della foresta: ufficialmente un modo per combattere la deforestazione illegale, in realtà un trucco per intimidire e controllare gli attivisti. E ha messo dei militari a lui fedeli a capo di tutte le agenzie e gli uffici governativi che hanno voce in capitolo su ambiente, clima e sfruttamento delle risorse.