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Biodiversità: gli obiettivi ONU sulle aree protette vanno rivisti

Proteggere il 30% delle terre e degli oceani entro il 2030 è un obiettivo politicamente fattibile, ma non ciò che la scienza raccomanda.

Dal gruppo di ricerca Resolve arriva un progetto per una “rete di sicurezza” globale per le aree protette

(Rinnovabili.it) – All’inizio di questo mese, un rapporto delle Nazioni Unite ha riferito che la comunità internazionale non è riuscita a raggiungere pienamente nessuno dei 20 obiettivi di salvaguardia della biodiversità concordati nel 2010. Anche per questa ragione, si terrà a New York un vertice tra tutti i leader del mondo in cui verrà presentato un progetto per la realizzazione di una “rete di sicurezza” planetaria per le aree protette.

Il progetto nasce dal lavoro dei ricercatori dell’organizzazione di ricerca ambientale Resolve. Eric Dinerstein, responsabile del progetto, ha dichiarato al Guardian che l’analisi fa riferimento ad un data base globale sulle caratteristiche dei diversi ecosistemi, così da poter individuare le aree protette che richiedono un’attenzione maggiore. “Volevamo coprire tutto, dalla condizione della pernice Udzungwa, che si trova solo in una specifica catena montuosa in Tanzania, a fenomeni come la migrazione dei caribù nella Tundra canadese. Tutto questo è biodiversità”, ha sottolineato Dinerstein.

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All’inizio di quest’anno, le Nazioni Unite hanno presentato una bozza di piano per proteggere il 30% delle terre e degli oceani entro il 2030 e, anche se l’iniziativa è stata accolta con favore dagli attivisti dagli esperti, alcuni hanno affermato che l’obiettivo del 30% riflette ciò che è politicamente fattibile, piuttosto che ciò che la scienza raccomanda.

Brian O’Donnell, direttore di Campaign for Nature, ha affermato che quello ONU è “un obiettivo intermedio, ma abbiamo bisogno di obiettivi ancora più ambiziosi. Infatti, pur considerando il 30% come il minimo indispensabile, è fondamentale che ci sia “una maggiore attenzione al mantenimento degli ultimi ecosistemi intatti esistenti sul pianeta”.

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La questione della conservazione delle aree protette ha assunto una rinnovata urgenza con l’epidemia di covid-19, poiché una serie di rapporti suggerisce che l’aumento del contatto tra uomo e fauna selvatica è collegato ad un incremento dei rischi di spillover. Gli autori del documento sulla rete di sicurezza globale per le aree protette, infatti, ritengono che la protezione degli ecosistemi più ricchi di biodiversità possa ridurre il rischio di epidemie.