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La biodiversità a rischio è pericolosa quanto i cambiamenti climatici

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550 esperti internazionali hanno studiato lo stato di salute della biodiversità mondiale

(Rinnovabili.it)-  Lo sfruttamento della natura da parte dell’azione umana minaccia la biodiversità, influisce sul benessere dell’uomo incidendo sulla sicurezza alimentare delle persone. Ma soprattutto i danni inferti alla biodiversità nel mondo possono essere considerati al pari di quelli causati dai cambiamenti climatici: a dirlo è il report sulla biodiversità stilato da oltre 550 esperti internazionali del settore, provenienti dai governi e del mondo accademico da oltre 100 parti del mondo, ed approvato dalla Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES) durante la sua sesta plenaria tenutasi la scorsa settimana a Medellin, in Colombia.

Tra i dati più allarmanti c’è il fatto che le aree di pesca nella regione più popolosa del mondo – Asia-Pacifico – sono in corso di contrazione e vanno verso lo zero entro il 2048, che la disponibilità di acqua dolce in America si è dimezzata dal 1950 e che il 42% delle specie di terra in Europa sono diminuite negli ultimi dieci anni.

 

Fondata nel 2012, l’IPBES comprende 128 stati membri a livello globale ed è un corpo intergovernamentale che ha come scopo fornire valutazioni scientifiche in materia di biodiversità, nonché gli strumenti e i metodi per proteggere e utilizzare in modo sostenibile le risorse naturali, nello stesso modo in cui il gruppo Intergovernativo delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici è stato utilizzato dai politici per impostare gli obiettivi di riduzione delle emissioni di carbonio. Non a caso le azioni e i lavori dell’IPBES sono posti sotto l’egida di quattro soggetti delle Nazioni Unite: la FAO, il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP), l’UNESCO e il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP).

 

Dove stiamo facendo progressi in campo di biodiversità? Quali sono le principali opportunità e quali le più forti minacce? Come possiamo adattare le nostre politiche per un futuro più sostenibile? Sono queste le domande a cui il report, la cui lavorazione è durata 3 anni, fornisce risposte, con una divisione in quattro aree regionali, le Americhe, l’Asia e il Pacifico, l’Africa, l’Europa e l’Asia centrale. Per ogni regione, con alcune eccezioni di esempi virtuosi, il report sottolinea cause e problematiche legate alla riduzione della biodiversità, come l’eccessivo sfruttamento e l’uso non sostenibile delle risorse naturali, l’inquinamento crescente, l’impatto negativo dei cambiamenti climatici su flora e fauna. Ecco alcuni esempi: nell’Unione Europea solo il 7% delle specie marine e il 9% di tipi di habitat marini mostrano un favorevole stato di conservazione, mentre il 27% delle specie marine e il 66% dei tipi di habitat marini mostrano uno sfavorevole stato di conservazione. In America, oltre il 95% delle praterie sono state trasformate in aziende agricole, con il 72% delle foreste secche e l’88% delle foreste Atlantiche. I firmatari della Convenzione per la Biodiversità si incontreranno a Sharm El-Sheikh a novembre prossimo per discutere i modi per raggiungere obiettivi virtuosi in campo di conservazione della biodiversità. Il report tocca anche le implicazioni in tema di biodiversità riguardanti il raggiungimento degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (SDGs) delle Nazioni Unite, e per arrivare più velocemente a quanto stabilito dall’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. Un grande lavoro di concerto che può essere uno strumento utile per i governi nella sfida ambientale che vale il benessere del nostro pianeta e delle nostre vite.

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