Residui organici che attraverso la pirolisi si trasformano in "contenitori" per lo stoccaggio della CO2 e in fertilizzanti per l'agricoltura. Uno studio dell'UPO ne analizza pregi e difetti
Attraverso la pirolisi, ovvero la combustione dei rifiuti organici ad alte temperature e a basse concentrazioni di ossigeno, si ottiene un prodotto che riesce ad incamerare un’alta percentuale di CO2, pari a circa la metà dell’anidride carbonica della materia decomposta, ed evitandone quindi il rilascio in atmosfera.
Oltre allo stoccaggio del carbonio, il biocarbone pare avere un altro vantaggio: ci sono studi che ne dimostrano l’alto potere fertilizzante e la notevole capacità di trattenere l’umidità all’interno del terreno, aumentandone la vita microbica e quindi il rendimento.
Grazie all’iniziativa quindi si procederà all’analisi dei valori esatti di CO2 catturati dal biocarbone e le reali percentuali di miglioramento della resa agricola valutando l’esatta presenza dei diversi nutrienti e il relativo impatto sulle colture, anche a seconda degli scarti agricoli utilizzati per produrre il carbone.