Portata a termine la prima fase di sperimentazioni di GE.RI.N, finalizzate al recupero eco-compatibile dei resti della Posidonia oceanica che il mare deposita in grandi quantità sugli arenili
(Rinnovabili.it) – Realizzare delle bio-stuoie, completamente biodegradabili, a partire dalla biomassa spiaggiata sulle coste del mediterraneo. Questa una delle finalità di GE.RI.N (acronimo di Gestione Risorse Naturali), subprogetto dell’iniziativa “Ecoinnovazione Sicilia”, finanziato dal MIUR e coordinato dall’Unità Tecnica Tecnologie Ambientali dell’ENEA. Ed è proprio l’Agenzia nazionale che fa sapere, in questi giorni, di aver portato a termine la prima fase di sperimentazione prevista da GE.RI.N, fase dedicata allo sviluppo di tecnologie per la salvaguardia dell’habitat naturale e per il recupero eco-compatibile della biomassa di Posidonia oceanica dalle spiagge mediterranee.
La grande quantità di resti di questa pianta che si accumula durante i mesi invernali sugli arenili, riduce gli spazi per la balneazione al punto da venir considerata da molti un fattore di degrado delle località balneari. Per trasformare il problema in risorsa, l’Enea ha impiegato queste biomasse per realizzare dei tappetini al 100% bio, da impiegare per realizzare camminamenti, sentieri, ma anche coperture naturali: il progetto ha previsto la realizzazione di strutture a “materasso”, costituite da sacche in fibra naturale (cocco, iuta, canapa, etc.) da riempire con i resti di Posidonia accumulata sulle spiagge utilizzando mano d’opera locale. “Grazie alla proficua collaborazione con l’Area Marina Protetta delle Isole Egadi, presso l’isola di Favignana le bio-stuoie riempite di Posidonia sono state immerse alla profondità di 10 metri in un tratto di fondale antistante Cala Azzurra, dove la prateria di Posidonia è particolarmente danneggiata; per zavorrarle sono stati utilizzati blocchi di calcarenite, materiale proveniente da varie parti dell’isola e compatibile con la sabbia sciolta del fondo marino. Sulle bio-stuoie sono stati poi reimpiantati anche alcuni fasci di piante recuperati in loco, per favorire la ricolonizzazione del fondale”, spiega l’Enea. “Si tratta di un’innovazione di processo e di prodotto che permette di coniugare le esigenze ambientali, sociali ed economiche delle località balneari, consentendo di migliorare i servizi turistici con una gestione sostenibile delle spiagge, che vengono restituite alla fruizione dei bagnanti, e che ha ritorni anche occupazionali a livello locale”.