Rinnovabili

Federchimica: le best practices della chimica sostenibile

Green leaves next to an erlenmeyer flask with a green liquid in it.

di Fabrizia Sernia

A sciogliere il dubbio se esista oggi una chimica sostenibile e una chimica non sostenibile, si rivelano particolarmente esaustive le parole di Rinaldo Psaro, Direttore dell’Istituto di Scienza e Tecnologie molecolari del CNR, che intervenendo alla terza Conferenza Nazionale sulla Chimica Sostenibile di Federchimica non ha lasciato adito ad equivoci: “Oggi – ha detto Psaro – è fondamentale che l’approccio della chimica del 21-esimo secolo sia necessariamente sostenibile e green. Non esiste altra chimica: sia che si tratti di un ricercatore accademico, sia che si tratti di un ricercatore industriale, deve volgere la chimica in questa direzione. Questo significa un utilizzo più razionale delle risorse, ricorrendo a fonti rinnovabili, ove possibile, abbattendo l’inquinamento, attraverso processi puliti”. Che la chimica sostenibile sarà decisiva per il futuro del Pianeta, a partire dai confini delle singole nazioni, nella lotta al surriscaldamento globale, al centro dei lavori della Cop 21, è un fatto ormai assodato e noto alla collettività e alle imprese.

Alla Conferenza sulla Chimica Sostenibile, organizzata da Federchimica, l’associazione di Confindustria che rappresenta in Italia circa 1400 aziende grandi, medie e piccole – per un totale di 109 mila addetti, che salgono a 172 mila se si comprende anche il settore farmaceutico, in cui l’Italia è leader mondiale – il messaggio contenuto nelle testimonianze dei partecipanti è forte e chiaro: la sfida della ricerca e innovazione per limitare e ridurre l’impatto ambientale di prodotti e processi è già in atto, con risultati anche molto positivi. Con il 71 per cento di imprese innovative, il settore chimico non soltanto ha la quota più alta di industrie di questo tipo in Italia, ma detiene anche il primato per la diffusione dell’attività di Ricerca, pari al 42 per cento e più che doppia rispetto alla media dell’industria manifatturiera, dove segna un 19%. Nel 2015 le spese per R&S hanno raggiunto i 475 milioni di euro, pari al 5% del valore aggiunto.

BodyPartL’industria chimica si caratterizza come un settore ad “innovazione diffusa”, in cui sono attive nella ricerca non soltanto le grandi imprese, ma anche molte pmi, che sviluppano collaborazioni scientifiche con Enti di Ricerca e Università, contribuendo a creare valore con i risultati generati dalla ricerca. Basti pensare che in questo settore le risorse umane dedicate alla R&S rappresentano il 4,2% del totale degli addetti, rispetto alla media del 2,6% degli altri settori industriali, e sono un capitale di oltre 4900 persone.  Ma come si traduce concretamente questo impegno? La Terza Conferenza sulla Chimica Sostenibile, finalizzata a tracciare le “best practices” di questa industria fondamentale per il nostro Paese – che fornisce beni intermedi a tutti i settori produttivi, trasferendo sui beni di consumo le caratteristiche innovative, volte a migliorare la qualità della vita delle persone – ha offerto un’istantanea delle imprese italiane impegnate nello sviluppo sostenibile dei prodotti e dei processi industriali, sia attraverso il Quarto Annuario sulla Ricerca per la Chimica Sostenibile, sia attraverso i contributi caratterizzati da innovazione e originalità presentati da alcune di esse.

Maurizio Biso, responsabile del progetto Life+Glee:Green Li-ion batteries through Electrode Electroless Deposition dell’industria Solvay Specialty Polymers Italy  Spa, ha spiegato a Rinnovabili.it la valenza del suo progetto. “Il progetto è finanziato dalla Comunità europea nell’ambito dei progetti Life, che promuovono la sostenibilità ambientale. E’ un progetto molto importante perché permette di sostituire un solvente tossico che viene impiegato nella manifattura del catodo per le batterie al litio con un solvente pulito e verde come l’acqua. Nell’ambito di questo progetto la Comunità europea ha finanziato in parte la costruzione di un impianto pilota, che è stato costruito nel principale sito di ricerca della Società, a Bollate, su un’area di 300 metri quadrati. Questo impianto permette la produzione e il trattamento di materiale attivo catodico. Per ogni chilogrammo di questo materiale si possono produrre 50 batterie per telefonino. Si tratta di un’innovazione di grandissima utilità, in vista di un mercato crescente dei veicoli elettrici e dei nuovi dispositivi che richiedono batterie con prestazioni sempre più elevate”.

BodyPartNel Quarto Annuario sulla Ricerca per la Chimica Sostenibile, presentato nel corso della Conferenza, attraverso la descrizione sintetica delle attività di ricerca – svolte dalle 65 aziende che hanno aderito all’invito a partecipare al “censimento” di Federchimica (40 sono grandi, 13 medie, 8 piccole e 4 micro) – spicca la realtà di un’industria chimica italiana vivace e in fermento, nella scoperta e messa a punto di prodotti e processi finalizzati a ridurre l’impatto sulla salute, la sicurezza e l’ambiente nelle varie filiere produttive. Fra le aziende censite, quasi il 50% sviluppa sia ricerca di prodotto e di processo incrementale (per il miglioramento di prodotti e processi esistenti), sia ricerca innovativa (sviluppo di nuovi prodotti e processi).

Oltre la metà delle aziende è impegnata nella chimica da fonti rinnovabili, comprendendo le biomasse, e nel trattamento dei reflui. Una consistente percentuale è impegnata infine nello sviluppo della ricerca scientifica per la riduzione delle emissioni di CO2 e sulle Biotecnologie. Un esempio è fornito dall’ILSA Spa, un’altra azienda chiamata a portare la propria testimonianza nella sessione dedicata  agli “Esempi industriali  di Sostenibilita”.  Dice Franco Cavazza, Direttore industriale dell’ILSA, spiegando a Rinnovabili.it il progetto “Measuring the Environmental Footprint among agro-food supplì chain:new frontiers and opportunities for the Fertlizier Industry”, condotto per misurare l’impronta ambientale dell’industria dei fertilizzanti  lungo tutta la catena della filiera agro – alimentare: “E’ un progetto innovativo in quanto cerca di dare delle risposte in termini di impronta ambientale a tutti  i nostri clienti principali, che operano nella filiera agro-alimentare, ovvero gli agricoltori, permettendo loro di avere una conoscenza approfondita dei mezzi tecnici che utilizzano e dell’impronta che determinano, e che fornisce delle risposte anche alle grosse multinazionali che richiedono loro i prodotti per la grande distribuzione”.

Oltre ai risultati  di alcune Best Practices adottate dalle aziende, le attività di cooperazione e i progetti – con relativi fondi – resi disponibili  dalla Commissione Europea, rappresentano un altro aspetto importante per iniziative in partnership, indirizzate particolarmente alle pmi. In Horizon 2020 le new calls  sulla chimica sostenibile sono numerose e articolate. Mentre, rispetto alle attività di R&S svolte dal CNR verso la chimica sostenibile,  Rinaldo Psaro ha fatto riferimento ai progetti realizzati dal suo Istituto  sia in merito all’utilizzo delle materie prime rinnovabili in processi catalitici green, sia agli studi sull’abbattimento delle armi chimiche.

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