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Berta Càceres ha vinto: ritirati i finanziamenti alla diga di Agua Zarca

Le società finanziarie che prestavano denaro alla compagnia privata Desa per lo sviluppo del progetto idroelettrico, hanno chiuso i rubinetti a circa un anno dall'omicidio di Berta Càceres

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(Rinnovabili.it) – Finalmente se ne vanno. La paura della ritorsione della comunità internazionale, lo sdegno della società civile, le probabilità sempre più alte che Berta Càceres sia stata vittima di un crimine di stato: sono molte le ragioni per cui i tre istituti che prestavano denaro al progetto della diga di Agua Zarca, sul fiume Gualcarque in Honduras, hanno annunciato il ritiro dei finanziamenti alla compagnia energetica privata Desarrollos Energeticos SA (Desa). L’azienda, contrastata in questi anni dagli indigeni Lenca guidati da Berta, vede sfumare 44 milioni di dollari, un duro colpo economico che potrebbe bloccare definitivamente i lavori.

Due sono i ha due principali azionisti di Desa, secondo le rivelazioni del Guardian: Potencia y Energia de Mesoamerica (Pemsa), una società con sede a Panama il cui presidente – l’ex ufficiale dell’intelligence militare Roberto Castillo – è anche presidente della società. L’altro, Inversiones Las Jacaranda, è di proprietà della potente famiglia Atala Zablah, anch’essa nel board.

La maggior parte dei fondi vengono dalla banca olandese FMO, dalla società finanziaria finlandese FinnFund e dalla Banca centroamericana di integrazione economica (BCIE).

FMO e FinnFund hanno sospeso i loro prestiti dopo che la polizia ha arrestato un dipendente di Desa in connessione con l’omicidio nel maggio 2016. Ma adesso tutti e tre gli investitori hanno deciso di ritirarsi completamente dal progetto Agua Zarca. La BCIE, principale investitore, ha smesso di pagare piuttosto che cercare di scindere formalmente il contratto.

 

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Il punto di non ritorno è stato raggiunto la notte del 3 marzo 2016, quando una scarica di arma da fuoco ha ucciso la leader del Consiglio civile delle organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras (COPINH) nella sua casa di La Esperanza. L’assassinio, perpetrato da un gruppo di uomini poi datisi alla fuga, arrivava dopo diverse minacce di morte e a pochi mesi dall’iscrizione di Berta Càceres nelle cosiddette “hit list” di un gruppo dell’esercito honduregno formatosi negli Stati Uniti.

Il COPINH ha sempre chiesto il taglio dei fondi internazionali per progetti contestati e in potenziale violazione dei diritti umani. Oggi, vince la sua battaglia. Ma non sarà una festa: nel paese centroamericano almeno 124 attivisti contro miniere, dighe, deforestazione e stazioni turistiche sono stati uccisi dal 2010, trasformandolo nel luogo più mortale al mondo per chi lotta in difesa dell’ambiente e delle popolazioni locali.