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I Balcani investono nel carbone col beneplacito dell’UE

Alcuni Paesi della Comunità dell’Energia puntano a costruire nuovi impianti a carbone per 15 GW, che non rispetteranno i limiti europei per le emissioni

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(Rinnovabili.it) – Il mantra europeo di questo periodo è “diversificare”. Non è bello dipendere dal gas di un Paese – la Russia – governato da un bizzoso personaggio come Putin, e pur di tagliare i ponti l’Unione è disposta a investire nuovamente nel carbone. Ecco perché nei Balcani è in atto un revival del fossile, se è vero che Bosnia-Erzegovina, Macedonia, Kosovo, Montenegro, Serbia e Ucraina stanno progettando di costruire impianti a carbone per 14,82 GW complessivi. Lo denuncia uno studio di Change Partnership commissionato dalla Ong CEE Bankwatch.

I funzionari dell’UE sembrano riluttanti a utilizzare i negoziati sull’energia del mese prossimo o il diritto commerciale per fermare l’inquinamento atmosferico aumentare gli standard ambientali. Eppure questa nuova corsa al carbone comporta problemi per le politiche europee sul cambiamento climatico, nonché per la salute pubblica nei Balcani.

 

Chi di carbone ferisce…

Gli Stati balcanici che hanno fiutato l’affare sono membri della Comunità dell’Energia, un’organizzazione internazionale che comprende l’Unione Europea e un certo numero di Paesi terzi ed è nata nel 2005 con l’intento di estendere il mercato interno dell’energia all’Europa sudorientale. Le riforme al trattato saranno proposte in una riunione prevista per giugno a Vienna, e verranno adottate ad ottobre.

Ma gli attivisti dicono di aver rilevato poco interesse da parte della Commissione Europea ad utilizzare i negoziati per aumentare gli standard ambientali e applicare tetti all’inquinamento atmosferico.

Business is business, dice la massima, e qualche morto in più o una figuraccia internazionale sui temi del clima valgono bene l’apertura di nuovi flussi energetici con funzione antirussa.

Climate Action Network ha invitato l’esecutivo europeo ad utilizzare la sua influenza per evitare che i Paesi della Energy Community si trasformino nella discarica dell’energia sporca. Bruxelles finanzia il progetto al 95%, perciò è in posizione di assoluta forza e potrebbe dettare le regole per elevare gli standard ambientali.

 

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…di carbone perisce

Le nuove centrali elettriche a carbone in Serbia, Montenegro e Ucraina non sono abbastanza avanzate per ridurre le emissioni nocive come il biossido di zolfo. Lo dichiara il Centre for European Reform (CER). Eppure in UE la tecnologia di riduzione del biossido di zolfo è obbligatoria. Questi inadempimenti danno un vantaggio competitivo ai Paesi balcanici, che da una parte si tende a giustificare data la difficoltà economica in cui versano, dall’altra sembra spaccare in due un continente fatto sempre più di ricchi e poveri.

L’Health and Environment Alliance (HEAL) ha rilevato che più di 10 mila persone sono morte prematuramente in Serbia per gli effetti del particolato e l’esposizione all’ozono nel 2010. Sono stati persi inoltre 2.5 milioni di giorni di lavoro.

La Serbia ha il secondo più alto tasso di morti premature dovute all’inquinamento atmosferico in Europa: le concentrazioni di particolato superano gli standard dell’Unione e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’OMS stima che le morti per inquinamento costino alla Serbia il 33,5% del Pil, al Montenegro il 14,5% e all’Ucraina il 26,5%.

La Commissione ha dichiarato che non fermerà le importazioni di energia sporca, perché i Paesi in questione fanno parte della WTO (Organizzazione mondiale del commercio), i cui membri sono tenuti a non limitare le importazioni da altri membri.