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L’Australia lascia morire la Grande Barriera Corallina

L’Australia lascia morire la Grande Barriera Corallina

L’Australia lascia morire la Grande Barriera Corallina

 

(Rinnovabili.it) – L’Australia non ha protetto adeguatamente la Barriera corallina dagli effetti del riscaldamento climatico. È l’accusa lanciata dalla Ong Fight For The Reef insieme al WWF in un report appena pubblicato, che passa al setaccio gli impegni presi dal governo e il loro stato di attuazione. Un rapporto che arriva alla vigilia del 1 dicembre, data in cui l’Australia dovrà presentare la sua versione dei fatti al Comitato per il patrimonio mondiale dell’UNESCO.

Sono quattro gli ambiti in cui il governo australiano è drammaticamente immobile o non abbastanza attivo. Innanzitutto lo scarso impegno a livello internazionale nella lotta ai cambiamenti climatici. Quest’anno la Barriera è stata devastata da un violentissimo fenomeno di sbiancamento dei coralli, causato dall’aumento delle temperature dell’oceano a loro volta spinte verso l’alto dal riscaldamento globale. Ciò nonostante, l’Australia non ha adottato politiche per rispettare gli impegni sul clima presi con l’Accordo di Parigi. Senza un’inversione di rotta, le emissioni di CO2 del paese aumenteranno (invece di diminuire) del 21% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005.

 

Rimossi dal report UNESCO i riferimenti alla Barriera corallina 2A fronte della promessa di bloccare la deforestazione sull’area costiera – che aumenta l’erosione e il deposito di sedimenti in acqua – negli ultimi due anni sono spariti più di 100mila ettari di verde, un aumento del 46% rispetto al biennio 2011-12. Poco o nulla è stato fatto poi per la riduzione dell’inquinamento delle acque. Il governo ha fissato per il 2018 l’obiettivo di dimezzare la contaminazione causata dai fertilizzanti agricoli e dai pesticidi, ma solo una quota minima degli agricoltori ha ridotto l’uso di prodotti chimici. Il loro effetto sulla Barriera corallina è potente: bloccano la penetrazione della luce solare e rendono più difficile il recupero dei coralli dopo eventi di forte stress, come lo sbiancamento.

Oltre a non aver messo in campo politiche adeguate, il governo australiano è decisamente indietro anche sul capitolo finanziamenti. Il rapporto evidenzia che mancano all’appello almeno 6 miliardi di dollari: è la differenza tra i fondi promessi e quelli che effettivamente servirebbero nel prossimo decennio per salvare la Barriera.

L’appuntamento del 1 dicembre è importante perché se l’UNESCO riconoscerà i deficit dell’Australia, potrebbe inserire la Barriera corallina nella lista dei “Siti Patrimonio Mondiale in Pericolo”. Finora, però, l’Australia si è sempre messa di traverso per tutelare i suoi interessi – il turismo e l’espansione dell’industria inquinante – evitando così di dover sborsare soldi per tutelare il reef. Dopo molte pressioni, a maggio era riuscita a far togliere dal rapporto annuale UNESCO ogni riferimento alla Barriera, già duramente colpita dallo sbiancamento. Adesso sarà più difficile nascondere la realtà dei fatti.

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