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Emissioni: così l’aumento di CO2 ipoteca il futuro delle spiagge

Cresce il rischio di erosione costiera con l’aumento dell'anidride carbonica in atmosfera: il caso studio sul Mediterraneo realizzato da Cnr e Università Ca’ Foscari

aumento di CO2 sedimenti
Campionamento di sedimento nella Posidonia

 

 

Coste mediterranee a rischio per l’aumento di CO2

(Rinnovabili.it) – L’aumento di CO2 in atmosfera potrebbe determinare un importante danno a dune e spiagge, incrementando l’effetto di erosione costiera e il rischio inondazioni. È quanto si evince dal nuovo studio realizzato da un gruppo di scienziati italiani per indagare gli effetti dell’acidificazione marina sui sedimenti carbonatici. La ricerca porta la firma dell’Istituto per lo studio degli impatti antropici e sostenibilità in ambiente marino del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ias) di Oristano, in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari Venezia, ed è la prima ad analizzare gli effetti a catena che legano emissioni in atmosfera, acidificazione del mare ed erosione delle coste.

 

Spiagge e dune costituiscono due componenti, distinti ma strettamente interdipendenti, dello stesso ecosistema. Si tratta di ambienti dinamici e in continua evoluzione a causa di fattori come il vento, le onde, l’apporto sedimentario e le attività umane. Ognuno di questi elementi è in grado di influire sull’equilibrio del sistema e dunque sull’estensione degli habitat dunali e delle spiagge: cosa accadrebbe dunque se il bilancio sedimentario fosse stravolto? È questo, infatti, il rischio che si corre con il progressivo aumento di CO2 in atmosfera.

 

Man mano che crescono le emissioni di carbonio, cresce anche la quota di CO2 assorbita da mari e oceani che, di conseguenza, incrementano il loro livello di acidificazione. E, come è noto, un basso pH ha effetti diretti sui cicli biologici che impiegano carbonato di calcio (leggi anche Clima: Oceani sempre più acidi sciolgono le conchiglie).

Spiega Simone Simeone, ricercatore del Cnr-Ias, che ha coordinato lo studio: “Lontano dalle foci dei fiumi, i sistemi duna-spiaggia possono essere formati, interamente o in buona parte, da sedimenti carbonatici prodotti dagli ecosistemi marini, ad esempio praterie sottomarine di Posidonia oceanica. Tali sedimenti potrebbero essere dissolti dall’acidità crescente dei mari: secondo recenti studi entro fine secolo il pH marino potrebbe scendere di circa 0.4 unità”.

 

Gli scienziati hanno usato come caso studio la baia di San Giovanni, lungo la penisola del Sinis, in Sardegna, con l’obiettivo di quantificare l’effetto a lungo termine dell’acidificazione oceanica sul bilancio dei sedimenti. La ricerca ha rivelato come una diminuzione del pH potrebbe condizionare in maniera rilevante l’abbondanza degli organismi marini a cui è legata la formazione dei sedimenti carbonatici. Per la precisione, gli scienziati stimano che da oggi al 2100 tale accumulo nei sistemi dunali mediterranei potrebbe calare del 31 per cento. Anche i sedimenti sommersi sarebbero a rischio, come spiega Emanuela Molinaroli, docente di geomorfologia e sedimentologia al Dipartimento di scienze ambientali, informatica e statistica di Ca’ Foscari “Si tratta delle ‘fondamenta’ del sistema spiaggia-duna che potrebbero subire un’inversione del bilancio sedimentario. Alcune spiagge, da ambienti in progressivo accrescimento o in equilibrio potrebbero trasformarsi in ambienti in erosione. Inoltre, la ricerca dimostra come l’effetto dell’acidificazione sul sistema spiaggia-duna, combinato al previsto innalzamento del livello del mare, potrà incrementare sia l’arretramento della linea di riva, che gli effetti negativi delle inondazioni”.