(Rinnovabili.it) – Ci hanno lavorato dipartimenti universitari, esperti ambientali, giornalisti, attivisti e comitati territoriali. Così è nato l’Atlante italiano dei conflitti ambientali, una mappa georeferenziata compilata in maniera partecipata da tutte le realtà locali impegnate a combattere contro lo sfruttamento dell’ambiente e interessate a fare rete sul territorio nazionale. La piattaforma è accessibile dal sito del CDCA, il Centro di documentazione sui conflitti ambientali curato dall’associazione Asud.
Dal Vajont a Casale Monferrato, da Taranto a Brescia, dalla Terra dei Fuochi alla Val di Susa, dalle trivelle della Basilicata ai poli industriali inquinanti. Ma anche le centrali a carbone, gli scempi dell’agroindustria e il Muos di Niscemi. Il censimento è vasto e variegato: i nuclei di resistenza sono più di cento, e in continua espansione. La natura partecipata dell’Atlante prevede la possibilità, da parte di chi non lo avesse ancora fatto, di inserire la propria battaglia nel novero delle tante già registrate. Per inserire la segnalazione è sufficiente registrarsi come utenti e compilare un questionario. Le schede inviate, dopo una verifica e la validazione da parte dell’equipe di ricerca del Centro di documentazione sui conflitti ambientali, entreranno diventeranno visibili sulla home page dell’atlante.
«In tal senso – spiegano dal CDCA – il portale mira ad essere non solo archivio, ma strumento di produzione diffusa di documentazione, di partecipazione cittadina e di messa in rete di realtà territoriali, oltre che strumento di visibilità e denuncia dei fattori di rischio ambientale presenti da nord a sud del Paese».
L’Atlante italiano è stato realizzato nell’ambito del progetto europeo di ricerca Ejolt, finanziato dalla Commissione europea, che ha coinvolto oltre 20 partner internazionali, tra università e centri studi indipendenti, per 5 anni di lavoro su conflitti e giustizia ambientale.
Il gruppo italiano del CDCA ha contribuito, nell’ambito del progetto, a dar vita anche a un Atlante globale della giustizia ambientale.
«Dal 2007 lavoriamo sulla mappatura e divulgazione degli impatti, in termini ambientali, sanitari ed economici», racconta Marica Di Pierri, presidente del CDCA:«Abbiamo scelto i conflitti ambientali perché li riteniamo il segno dell’insostenibilità del sistema economico, ma anche uno straordinario e diffuso patrimonio di conoscenze ed esperienze virtuose e pratiche di cittadinanza attiva che hanno estremo bisogno di sostegno e visibilità».