Contrariamente a quanto si era ipotizzato finora, le emissioni nella stagione fredda dominano il budget annuale di metano dell'Artico
(Rinnovabili.it) – Era soltanto giugno di questo anno quando un team di scienziati della Woods Hole Research Center del Massachusetts lanciò un urgente appello all’indirizzo della COP21: nel permafost sono intrappolati circa 1.500 miliardi di tonnellate di carbonio che, a causa del progressivo aumento delle temperature e del conseguente scioglimento dei ghiacci, potrebbero essere rilasciate nell’atmosfera. Il metano andrebbe così ad amplificare l’effetto serra e il processo di global warming.
E mentre l’appello risuona ancora nelle orecchie, uno studio italo americano ci rivela una pessima scoperta: “Le conoscenze disponibili finora lasciavano credere che gli ecosistemi artici fossero emettitori di gas serra solo nella stagione calda, quando il permafrost riesce a scongelarsi in superficie e la sostanza organica viene decomposta, causando il rilascio di metano”, spiega Beniamino Gioli dell’Istituto di biometeorologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibimet-Cnr) che sconfessa la falsa assunzione: nella stagione fredda, queste emissioni sono sorprendentemente uguali o addirittura maggiori a quelle dell’estate.
L’evidenza arriva dalle ricerca condotte da Gioli e da Donatella Zona, dell’University of Sheffield e San Diego State University, e pubblicate su Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America (Pnas). Gli scienziati hanno istallato cinque torri Eddy covariance (Ec) e utilizzato le piattaforme aeree della Nasa che hanno sorvolato le aree studiate in diversi momenti dell’anno. Elemento questo necessario dal momento che i precedenti studi sulle emissioni artiche si erano sempre concentrati sui mesi estivi, trascurando quelli invernali e primaverili che rappresentano il 70-80% dell’anno nelle regioni artiche.
Cosa hanno scoperto? “Contrariamente a quanto si era ipotizzato finora, le emissioni nella stagione fredda dominano il budget annuale di CH4 nei siti”, precisa il ricercatore dell’Ibimet-Cnr. “Il motivo della persistenza di emissioni biogeniche in inverno risiede nella cosiddetta zero curtain, una condizione fisica in cui strati di suolo a media profondità, confinati in basso dal permafrost ed in alto dagli strati superficiali di neve-ghiaccio, riescono a permanere a temperature prossime allo zero, mantenendo attivi i processi biologici anche con temperature dell’aria estremamente più basse”. La scoperta influenzerà necessariamente gli attuali modelli di previsione climatica e i dati raccolti, che saranno assimilati in nuove parametrizzazioni delle emissioni di metano, contribuiranno al miglioramento delle strumentazioni e dei metodi atti a prevedere il ruolo degli ecosistemi nei processi climatici.