La profonda crisi ambientale che stiamo vivendo è più che mai al centro dell’interesse e delle azioni decise a livello politico sovra-nazionale, in Europa e nel resto del mondo, nell’intento di frenare, e possibilmente impedire, un ulteriore peggioramento delle condizioni climatiche e dell’inquinamento, che ne è la causa prima. Contemporaneamente a questa si somma la crisi economica degli ultimi anni che, in un mercato “globale” che coinvolge le potenze industriali e i paesi in via di sviluppo, sta assumendo toni sempre più preoccupati. Diventa quindi irrinunciabile agire secondo i principi stabiliti nel corso degli ultimi vent’anni dal percorso dello Sviluppo Sostenibile che, secondo la definizione ormai tradizionale, è quello sviluppo “che risponde alle esigenze del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie” e che nell’attuale accezione, comprende l’aspetto economico, quello sociale e quello ambientale.
Occorre inoltre tenere presente che la percezione, la sensibilizzazione e l’informazione del pubblico e del singolo sono cresciute, per cui il consumatore, con numeri via via crescenti, si presenta sul mercato con richieste ed esigenze diverse che risentono di questo cambiamento di approccio e culturale.
In tale contesto trova sempre più credito la convinzione che lo sviluppo economico possa ripartire, ma debba farlo con presupposti e modalità differenti. Una possibilità è rappresentata dalla cosiddetta Economia Verde (“Green Economy”), termine con il quale si designano oggi tecnologie e metodi sviluppati nel processo ormai ventennale dello Sviluppo Sostenibile, ma anche interi settori di mercato. Per fare chiarezza, si applica il termine di “produzione verde” a quelle realtà produttive, che, attribuendo una valenza strategica all’ambiente, intervengono sul proprio processo produttivo abbattendo o eliminando gli impatti ambientali, mentre si indica come “mercato verde” quello che produce tecnologie, prodotti o servizi che minimizzano l’impatto di altri soggetti del mercato senza fornire garanzie sulla ridotta impronta del proprio processo. Dunque, mentre la “produzione verde” è sinonimo di benefici diretti per l’ambiente locale in cui operano le aziende produttrici, il “mercato verde” risponde a logiche commerciali e pur contribuendo a mitigare impatti ambientali globali, come ad esempio l’effetto serra, non necessariamente produce benefici ambientali direttamente percepibili nel territorio di riferimento. Ad esempio un’azienda leader per la costruzione di componenti utilizzati per lo sviluppo di energia eolica o fotovoltaica opera nel “mercato verde”, ma non necessariamente adotta, nei processi operativi, tecniche a basso impatto ambientale; pertanto il suo operare “verde” non necessariamente sarà percepito come tale dal territorio che la ospita.
Per questa ragione le politiche pubbliche locali devono essere particolarmente attente nell’approfondire gli effetti ambientali locali connessi ai settori produttivi, tenendo presenti criticità e specificità delle diverse aree.
Le Aree Industriali Sostenibili
Il settore produttivo è responsabile di ripercussioni negative sull’ambiente, conseguenti all’adozione di modalità e tecnologie di produzione poco attente agli aspetti ambientali connessi: lo sfruttamento eccessivo di materie prime, l’utilizzo di risorse energetiche non rinnovabili, l’emissione di sostanze inquinanti, la produzione di rifiuti e la mancanza di un sistema di gestione dell’area hanno costituito fino ad oggi un punto di debolezza del comparto produttivo.
L’approccio suggerito dall’Ecologia Industriale, una delle discipline nate per affrontare tale problematica, consiste “in una visione sistemica dell’attività economica umana e delle sue interazioni con i sistemi biologici, chimici e fisici, con l’obiettivo di stabilire e mantenere la specie umana a livelli che siano sostenibili indefinitamente pur continuando l’evoluzione tecnologica, economica e culturale” e offre una valida alternativa per realizzare obiettivi di sostenibilità nel settore industriale e produttivo, in generale.
Ad esempio in questo contesto il “ rifiuto” assume un nuovo significato poiché viene considerato un prodotto intermedio. I rifiuti di un processo vengono ri-utilizzati come materia prima per un altro processo, minimizzando così gli impatti ambientali con un approccio che prevede la collaborazione e la cooperazione tra le imprese per la riduzione dei rifiuti dell’attività industriale nel suo complesso. L’Ecologia Industriale quindi si propone di studiare le relazioni tra le imprese produttive, tra i loro prodotti e processi, favorendo l’integrazione di un’area industriale nel territorio locale di riferimento.
L’idea che questo approccio, applicato a un’intera area industriale, possa assicurare la tutela dell’ambiente in modo più efficiente coniugando le necessità delle imprese, con un conseguente miglioramento delle performance economiche, è andata consolidandosi grazie a casi concreti a livello internazionale e nazionale e all’evoluzione di strumenti di gestione ambientale, messi a punto nel percorso dello Sviluppo Sostenibile.
In Italia le “Aree Ecologicamente Attrezzate” (AEA) sono state normate con il D. Lgs. 112/98 (Bassanini) il quale prevede che “le Regioni disciplinano, con proprie leggi, le aree industriali e le aree ecologicamente attrezzate, dotate delle infrastrutture e dei sistemi necessari a garantire la tutela della salute, dell’ambiente e della sicurezza. Le medesime leggi disciplinano altresì le forme di gestione unitaria delle infrastrutture e dei servizi delle aree ecologicamente attrezzate da parte di soggetti pubblici o privati”. Dunque gli elementi fondamentali delle aree sono il sistema di gestione unitario e la dotazione di infrastrutture e servizi comuni di area per minimizzare e gestire in modo integrato le pressioni sull’ambiente.
Tale concetto, evolutosi in quello di “Area Produttiva Ecologicamente Attrezzata” (APEA), si è diffuso progressivamente, anche se con marcate differenze regionali, con diverse esperienze interessanti; secondo le normative regionali finora emesse, un’APEA deve possedere requisiti di qualità urbanistica, territoriale, edilizia ed ambientale e deve essere dotata di specifiche forme di gestione, infrastrutture, sistemi tecnologici e servizi comuni, in funzione dei reali fabbisogni delle aziende insediate, delle caratteristiche del territorio e delle criticità ambientali dell’area, tali da garantire vantaggi ambientali ed economici, anche per il contesto territoriale circostante.
Contemporaneamente, le Aree Industriali Sostenibili (AIS), equivalenti di fatto alle APEA, sono oggetto di attenzione a livello comunitario proprio perché ritenute uno snodo importante per lo sviluppo sostenibile di un territorio, e quindi molti sono i progetti di ricerca finanziati a livello comunitario, il cui obiettivo specifico è mettere a disposizione di tali realtà produttive strumenti, concettuali e operativi, che supportino sia la progettazione e realizzazione di nuove Aree Industriali “Sostenibili” sia una “riconversione” di quelle esistenti verso un modello di maggiore sostenibilità.
Ad esempio, il Progetto SIAM (finanziato dal Programma Life, 2004-2007) si è concentrato sulla definizione dei principali obiettivi che un’area produttiva sostenibile già esistente o da realizzare dovrebbe perseguire, sulla individuazione delle strategie necessarie per conseguire gli obiettivi indicati e sui requisiti organizzativi e gestionali che l’area deve possedere per poter raggiungere, documentare e condividere i propri obiettivi di sostenibilità.
La valutazione degli impatti di un’area produttiva ha incluso gli aspetti ambientali, economici e sociali. Si è ritenuto infatti che solo un approccio integrato che considerasse contemporaneamente le tre dimensioni della sostenibilità potesse consentire il coinvolgimento e la partecipazione di tanti partner diversi. Un’Area Industriale Sostenibile (AIS) deve essere progettata e gestita per permetterne uno sviluppo graduale e ciascuna fase di lavoro deve essere finanziariamente vantaggiosa: in tutti gli esempi di successo, infatti, un fattore determinante è rappresentato dai vantaggi economici ottenuti. Ricerche più recenti hanno messo in evidenza che per accrescere le possibilità di successo di un’AIS devono essere affrontati più aspetti da ritenere strategici e, più precisamente, oltre agli aspetti ambientali ed economici, anche quelli sociali, che contemplano il coinvolgimento della Comunità Locale nella gestione dell’area industriale, favorendo una migliore integrazione dell’area industriale nel territorio di riferimento.
Pertanto, dall’iniziale concezione che vedeva le Aree come possibilità di accrescere la competitività delle aziende e abbatterne i costi, riducendone la pressione ambientale, si è passati ad un modello organizzativo che, indirizzandosi verso una nuova e migliore forma di gestione dell’area, può promuovere uno sviluppo alternativo a livello locale e regionale.
Questi risultati, ovviamente, poiché affrontano tanti aspetti e richiedono, di conseguenza, risorse e tempo, non saranno raggiungibili contemporaneamente: occorre adottare un percorso progressivo di miglioramento che dipenderà dalle criticità dell’area, dalla tipologia delle imprese insediate, dalle caratteristiche del territorio e dalle esigenze della Comunità Locale.
La figura 1 illustra i passi fondamentali che costituiscono il percorso descritto:
- definire il quadro generale degli obiettivi attraverso un documento di Politica di sostenibilità;
- analizzare la situazione dell’area evidenziando tutti gli impatti prodotti dal punto di vista ambientale, e i vincoli dettati dalle condizioni economiche e dalle istanze sociali dell’area;
- formulare un Piano di miglioramento che consenta di raggiungere, per gradi, gli obiettivi macro decisi;
- un Piano di monitoraggio e controllo periodico consentirà di verificare e quantificare i miglioramenti raggiunti;
- redigere una Dichiarazione di sostenibilità dell’area, che descriva a tutte le Parti Interessate, pubblico compreso, i risultati di miglioramento ottenuti nell’area industriale contribuirà a migliorare le relazioni dell’area con il territorio circostante.
Il progetto MEID (Mediterranean Eco Industrial Development), finanziato dal Programma MED e sviluppato con il coordinamento di ENEA e il supporto di 9 partner europei dell’Area Mediterranea (2010-2013), rappresenta una prosecuzione di SIAM ed ha l’obiettivo di completare ed estendere gli strumenti prendendo in considerazione anche problematiche ambientali divenute rilevanti negli ultimi anni, come, ad esempio, l’efficienza energetica degli edifici industriali, con un’attenzione specifica alle Piccole e Medie Imprese (PMI), e cercando nel contempo di costruire un “modello mediterraneo” comune di Area Industriale Sostenibile.
Inoltre, all’interno di MEID sarà realizzata una Banca Dati delle “migliori pratiche adottabili” nella realizzazione di infrastrutture e di servizi centralizzati in un’Area Industriale Sostenibile.
Risulta evidente da quanto detto che, aldilà degli strumenti che la ricerca continuerà a rendere disponibili con il proprio lavoro, il successo delle Aree Industriali Sostenibili e il loro contributo come possibili “starter” dello sviluppo di un territorio dipenderanno dalla capacità di azione di diversi attori fondamentali: le aziende con la loro volontà di attivarsi per individuare sinergie, che le rendano più efficienti e competitive; la Pubblica Amministrazione Locale, che dovrà formulare politiche di “governance” sostenibili e attuarle fornendo collaborazione, incentivi e strumenti di semplificazione amministrativa con l’intento di contribuire all’aumento di attrattività del territorio di riferimento; il pubblico che, attraverso le Associazioni che ne rappresentano le istanze, dovrà accrescere la propria capacità di informarsi e partecipare al processo di sviluppo del territorio in cui vive, nonché di comprendere e adottare le modifiche comportamentali e di stile di vita che le problematiche attuali hanno reso indispensabili.
Dott.ssa Maria Litido, ENEA (Unità Tecnica Modelli, Metodi e Tecnologie per le Valutazioni Ambientali)
Ing. Mario Tarantini (ENEA, UTVALAMB-LCA)
Ing. Arianna Dominici (ENEA, UTVALAMB-LCA)
Dott.ssa Rovena Preka (ENEA, UTVALAMB-LCA)