(Rinnovabili.it) – Guardandolo l’Antartide sembra un immobile continente di ghiaccio. Ma la prima impressione non è quasi mai quella giusta: sotto lo strato di ghiaccio superficiale, rivela un gruppo di ricercatori, centinaia di km di ghiaccio si stanno muovendo piuttosto rapidamente.
Lo sostiene un gruppo di ricerca internazionale precisando che il ghiaccio che non riusciamo a vedere presenta una viscosità differente da quello presente in superficie, caratteristica determinata dalla presenza di sostanze chimiche e dai cambiamenti di temperatura che ne favorisce lo spostamento.
Condotto dalla University of Newcastle, Regno Unito, e pubblicato questa settimana sulla rivista Earth and Planetary Science Letters, lo studio ha cercato di spiegare come mai il movimento verso l’alto della crosta terrestre nel nord della penisola Antartica stia avvenendo così rapidamente. Anche precedenti studi hanno dimostrato che a causa della contrazione della calotta di ghiaccio nella regione sta venendo in superficie la terra, il tutto a causa del cambiamento climatico.
I dati raccolti dal GPS dal gruppo di ricerca hanno evidenziato che la superficie in questa regione è davvero cresciuto ad un ritmo straordinario di 15 mm l’anno, superiore a quanto descritto dai precedenti studi. In più il team ha sottolineato che il mantello presente sotto la crosta terrestre si muove ad una velocità molto superiore a quanto creduto fino ad oggi soprattutto a causa dei cambiamenti della temperatura e delle modifiche della composizione chimica delle acque.
“Poiché il mantello è molto attivo al di sotto della Penisola Antartica settentrionale, risponde molto più rapidamente a quanto sta accadendo in superficie. Così, mentre il ghiacciaio si assottiglia e il cargo situato in questa zona si riduce, il mantello spinge la corteccia. Per il momento abbiamo studiato solo la deformazione verticale, quindi il passo successivo sarà quello di osservare il movimento orizzontale causato dallo scarico del ghiaccio per ottenere una immagine 3-D di come la Terra si sia deformata, e utilizzare altri dati geofisici per capire i meccanismi attuali della corrente” ha dichiarato Grace Nield, della Scuola di Ingegneria Civile e Geoscienze dell’Università di Newcastle.