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Ambiente e clima in svendita con l’accordo TPP

Nessun vincolo o sanzione per chi deturpa oceani e foreste. Il capitolo ambiente del TPP è stato definito “una foglia di fico utile a deviare le critiche”

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(Rinnovabili.it) – Il reale contenuto dell’accordo di libero scambio TPP (Trans Pacific Partnership), concluso ieri, resterà segreto per 4 anni dopo l’entrata in vigore. Tuttavia, il capitolo sull’ambiente potrebbe essere una fotocopia di quello divulgato da Wikileaks il 15 gennaio scorso.

Il trattato dovrà essere approvato ora dal Congresso statunitense e dai governi degli altri 11 Paesi coinvolti (Giappone, Australia, Nuova Zelanda, Canada, Messico, Perù, Cile, Vietnam, Singapore, Brunei e Malesia). Prevede l’abolizione delle barriere tariffarie e non tariffarie (regolamenti che frenano il libero commercio) su un’area che vale circa il 40% del Pil mondiale.

 

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Le criticità sollevate dalla società civile riguardano un vasto numero di settori di questo gigantesco accordo, che va dai servizi pubblici alla proprietà intellettuale. Il capitolo sull’ambiente, su cui l’organizzazione di Julian Assange è riuscita a mettere le mani, è uno tra i documenti più compromettenti filtrati dalle segrete stanze del negoziato. Riguarda cambiamenti climatici, biodiversità, pesca intensiva, commercio e investimenti in beni e servizi ambientali. Inoltre, riscrive le regole per la composizione delle controversie che dovessero sorgere in materia di ambiente dopo l’attuazione del TPP.

La professoressa Jane Kelsey, che insegna legge all’Università di Auckland, ha prodotto una analisi del testo pubblicata da Wikileaks e numerosi articoli. La docente sostiene che l’ambiente venga inserito nei trattati internazionali di libero scambio per un motivo ben preciso: servire come «semplice foglia di fico», utile «per deviare le critiche». Il testo brilla infatti per l’assenza di clausole vincolanti, misure penali o sanzioni. Michael Brune, direttore esecutivo di Sierra Club – una delle più grandi e influenti organizzazioni ambientali degli Stati Uniti – a suo tempo aveva commentato: «Se il capitolo ambiente fosse concluso, come scritto in questo documento trapelato, Obama avrebbe raggiunto, in campo commerciale, record ambientali peggiori di Bush. Questo capitolo manca di affrontare tutti i veri problemi: oceani, pesca, fauna selvatica e protezione delle foreste».

 

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Anche sul cambiamento climatico possono nascere problemi non da poco. L’aumento del trasporto di merci su lunghe distanze, banalmente, si lega ad una crescita delle emissioni. È anche per questo che gli Stati Uniti hanno deciso di rimuovere dal TPP e da tutti gli accordi di libero scambio qualsiasi riferimento alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Quando il Senato americano, il 24 giugno scorso, ha approvato il fast track (corsia preferenziale) per l’agenda commerciale di Obama, un emendamento dell’ultimo minuto del repubblicano Paul Ryan ha permesso di «assicurare che gli accordi commerciali non rechino obblighi per gli Stati Uniti in relazione al cambiamento climatico o al riscaldamento globale».

Non era passata nemmeno una settimana dalla pubblicazione dell’enciclica di Papa Francesco.

 

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Il pericolo più grave, tuttavia, è rappresentato dal sistema di risoluzione delle controversie fra investitore e Stato, il noto ISDS che si vuole far rientrare anche nel TTIP, il cugino transatlantico del TPP.

La professoressa Jane Kelsey, dopo aver letto il testo del capitolo ambiente del trattato transpacifico ha scritto che «la minaccia più eclatante per l’ambiente è il capitolo investimenti. La stragrande maggioranza degli arbitrati di investimento nell’ambito di accordi analoghi coinvolgono le risorse naturali e hanno portato a richieste di danni da miliardi di dollari contro misure governative intese a proteggere l’ambiente dai danni causati da società straniere».

Nella storia dell’ISDS, le aziende hanno avviato numerose cause non a seguito di perdite effettive provocate dalle nuove legislazioni: hanno denunciato gli Stati per la potenziale perdita di utili futuri. Nella grande maggioranza dei casi hanno vinto, ottenendo risarcimenti multimilionari dai contribuenti grazie al giudizio di avvocati privati che agiscono al di fuori del controllo pubblico. Intorno all’arbitrato internazionale ruota un business miliardario, che cresce di anno in anno (leggi l’articolo di Rinnovabili.it). Con il TPP in vigore, è lecito attendersi un boom nei prossimi anni.