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Se il benessere equo e sostenibile va oltre il PIL

Ambiente: il benessere della società va oltre il PIL(Rinnovabili.it) – “Di cosa parliamo quando ci riferiamo al benessere?” Se lo sono chiesti il Cnel, organo di rilievo costituzionale, al quale partecipano rappresentanti di associazioni di categoria, organizzazioni sindacali e del terzo settore, e l’Istat nella redazione del primo rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile in Italia. Il documento contiene, in una prima a livello mondiale, indicatori sullo stato di salute di un Paese che vadano “al di là del Pil”: salute, sicurezza, istruzione e formazione, benessere soggettivo, lavoro e conciliazione tempi di vita, paesaggio e patrimonio culturale, benessere economico, ambiente, relazioni sociali, ricerca e innovazione, politica e istituzioni, qualità dei servizi.

 

L’obiettivo del lavoro svolto era quello di analizzare livelli, tendenze temporali e distribuzioni delle diverse componenti del Bes, così da identificare punti di forza e di debolezza, nonché particolari squilibri territoriali o gruppi sociali avvantaggiati/svantaggiati, anche in una prospettiva intergenerazionale (sostenibilità). Tra gli indicatori proposti un posto particolare occupa l’ambiente, un settore dove, nonostante i piccoli miglioramenti persistono diverse criticità e contraddizioni.

 

A partire dai dati riferiti per la qualità del suolo e del territorio, per i quali risulta aumentata la disponibilità di verde urbano (rispetto al 2000, nei capoluoghi di provincia sono fruibili 3,1 metri quadrati in più per ogni abitante) e delle aree protette, ma il dissesto idrogeologico rappresenta ancora un grave rischio naturale distribuito su tutto il territorio nazionale. Attualmente inoltre il territorio italiano conta ancora 57 siti di interesse nazionale da bonificare, per un totale di 545 mila ettari, ossia l’1,8% della superficie nazionale. Più in linea con i dati europei sono le informazioni sull’acqua e la qualità dell’aria: i consumi di acqua potabile, 253 litri per abitante al giorno nel 2008, registrano però ancora un’alta percentuale di dispersione (32%) dovuta a inefficienze delle reti di distribuzione.

 

Nel 2011, – si legge nella nota stampa – il numero di giorni di superamento del livello di PM10, cioè di micro particelle inquinanti nell’atmosfera delle maggiori città italiane, si è attestato a 54,4 giorni, in aumento rispetto ai 44,6 del 2010, con conseguenze negative per la protezione della salute umana”. Infine risultano aumentati i consumi di energia da fonti rinnovabili, dal 15,5% del 2004 al 23,8% del 2011, un livello superiore alla media Ue 27 (19,9%), mentre scende lo sfruttamento di risorse materiali interne, “anche se è troppo presto per parlare di una tendenza alla “dematerializzazione” dell’economia italiana”, spiegano gli autori. Concludono il panorama “ambiente” i dati sui gas climalteranti antropici: le emissioni risultano essere passate da 10 tonnellate di CO2-equivalente per abitante del 2003-2004 si è scesi a poco più di otto del 2009.

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