(Rinnovabili.it) – La capacità di assorbire CO2 dall’atmosfera sta crollando in tutta l’Amazzonia. Il colpevole per una volta non è la deforestazione selvaggia e spesso illegale del più grande polmone della Terra. Uno studio appena pubblicato sul Global Biogeochemical Cycles Journal mette sotto accusa l’ondata di siccità che nel 2010 aveva investito l’intero bacino amazzonico: è stata così potente che i suoi effetti sono ben visibili ancora oggi. Ciò che preoccupa più gli scienziati è l’impennata del tasso di mortalità degli alberi, abbinato al collasso del tasso di crescita. Tradotto: anche dopo 6 anni l’Amazzonia non si è ripresa, anzi sta peggiorando. E la virulenza sempre crescente dei cambiamenti climatici non fa sperare per il meglio.
Anche per l’identità del malato. Il bacino amazzonico infatti gioca un ruolo centrale nel ciclo della CO2 visto che rappresenta il 17% dello stock mondiale di CO2 incorporata nella vegetazione. Gli scienziati sono arrivati a queste conclusioni mettendo a confronto gli effetti di due consecutive stagioni di grave siccità, nel 2005 e nel 2010, che hanno toccato gran parte dell’Amazzonia. La base di dati è stata raccolta tramite la rete Rainfor, che utilizza circa 100 punti di osservazione e raccolta sparsi in diverse regioni del bacino. Uno studio estremamente importante anche perché è il primo che scatta una fotografia globale dell’intera Amazzonia.
In pratica è diventata carbon neutral, vale a dire che l’Amazzonia è in pareggio e ha perso quella sua essenziale capacità di assorbire più CO2 di quanta ne rilascia in atmosfera. Il polmone non funziona più. Particolare assolutamente da sottolineare: si tratta di una situazione che interessa anche quelle zone del bacino che non hanno sofferto per le due ondate di siccità. Ma mentre dopo il 2005 sembrava che l’Amazzonia avesse risposto con buona resilienza, l’evento del 2010 ha invertito drammaticamente la rotta. Gli alberi crescono più lentamente e hanno tassi di mortalità maggiori.
Gli scienziati mettono in evidenza che non si tratta dell’effetto combinato delle due fasi di siccità: il responsabile va individuato solo ed esclusivamente in quella più recente. Il timore è che questa situazione possa esasperare anche altri fattori con conseguenze imprevedibili sul riscaldamento globale. “E’ un’area che dobbiamo continuare a monitorare – afferma Ted Feldpausch, docente dell’università di Exeter e co-autore della ricerca – Si verificherà una qualche interazione tra la carenza di precipitazioni e l’aumento delle temperature?”.