Il metodo intensivo, centrato su aumento delle rese e input agrochimici, ha compromesso un terzo delle terre agricole, provocando abbandoni e desertificazione
Un terzo delle terre perse a causa dell’agricoltura industriale
(Rinnovabili.it) – Un terzo delle terre coltivabili sul pianeta è gravemente degradato, e la corsa all’autodistruzione delle risorse non si arresta. Perdiamo 24 miliardi di tonnellate di terra fertile ogni anno e le responsabilità, benché vadano distribuite, sono da imputare in massima parte all’agricoltura industriale. La gravità della situazione è tale che le Nazioni Unite hanno chiesto un abbandono dei sistemi di coltivazione impattanti, sollecitando i governi e le imprese a trovare nuove strategie e modelli di sviluppo per la produzione alimentare.
L’appello è contenuto nel Global Land Outlook, il rapporto più completo sullo stato dei suoli nel mondo, 330 pagine redatte dagli esperti della Convenzione ONU per combattere la desertificazione (UNCCD) che si spera non resteranno lettera morta.
Il testo è stato presentato in una riunione dell’UNCCD a Ordos, in Cina, dove le nazioni firmatarie della Convenzione presentano obiettivi volontari per cercare di ridurre il degrado e riabilitare i terreni. Il calo delle superfici su cui crescere il cibo è un problema da affrontare subito, perché nello scenario attuale porterà ad un aumento della domanda di alimenti e terreni produttivi, complice anche la crescita della popolazione che entro la metà del secolo potrebbe aver sfondato il tetto dei 9 miliardi. Un mix di fattori esplosivo, che senza misure correttive accrescerà i rischi di conflitti come quelli in Sudan e Ciad.
«Mentre l’approvvigionamento da terreni sani e produttivi si riduce e la popolazione cresce, aumenta la concorrenza per la terra nei paesi e nel mondo – ha dichiarato Monique Barbut, segretaria esecutiva dell’UNCCD – Per ridurre al minimo le perdite, le prospettive suggeriscono che sia d’interesse per tutti tornare indietro e ripensare a come gestire le pressioni e la competizione».
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Il Global Land Outlook tiene in considerazione la somma di diversi impatti: urbanizzazione, cambiamento climatico, erosione e perdita di foreste. Ma il fattore più importante è l’espansione dell’agricoltura industriale. La coltivazione con metodi intensivi, i raccolti multipli e l’uso di prodotti agrochimici come pesticidi, erbicidi e fertilizzanti azotati, hanno aumentato le rese a scapito della sostenibilità a lungo termine.
Secondo un documento del Centro di ricerca della Commissione Europea (JRC) uscito a giugno, negli ultimi 20 anni la produzione agricola è triplicata e la quantità di terra irrigata è raddoppiata. Ma tutto ciò sta andando a scapito della fertilità del suolo, causando abbandono dei terreni non più produttivi e desertificazione. Secondo il rapporto europeo, la riduzione della produttività si osserva sul 20% del terreno agricolo a livello mondiale, il 16% di quello forestale, il 19% dei prati e il 27% dei pascoli.
È l’Africa sub-sahariana a subire gli impatti più gravi, ma non dobbiamo pensare che l’Europa stia molto meglio. La cattiva gestione dei terreni nel vecchio continente causa la perdita per erosione di circa 970 milioni di tonnellate l’anno, con impatti non solo sulla produzione alimentare, ma sulla biodiversità, la riduzione del carbonio assorbito e della resistenza agli eventi meteorologici più intensi.